venerdì 22 agosto 2014

Un gene mutato, presente in oltre metà dei tumori

Oltre il 50% dei tumoriumani hanno qualcosa in comune: la mutazione di ungene, chiamato Tp53, che produce una proteina in grado di contribuire allo sviluppo della malattia. Studiando le caratteristiche di questa proteina, chiamata p53, un gruppo di ricercatori dell’Istituto Regina Elenaha scoperto in che modo riesce a promuovere la formazione di un microambiente pro-infiammatorio che sostiene l’aggressività del tumore, e il lorostudio, pubblicato sulla rivista Oncogene, apre ora le porte ad un nuovo tipo di possibili terapie

I ricercatori hanno scoperto che in presenza della mutazione, p53 agisce diminuendo la produzione di una proteina anti-infiammatoria denominata sIL-1Ra.. La sIL-1Ra infatti agisce bloccando a sua volta IL-1, la citochina infiammatoria per eccellenza, coinvolta nei processi infiammatori e nella formazione di numerosi tumori solidi. 

“L’infiammazione cronica accompagna e favorisce la crescita, la progressione e la metastatizzazione del tumore, e pazienti con tumori solidi che producono alti livelli di IL-1 hanno solitamente prognosi negativa” spiegano Gianluca Bossi e ValentinaUmbertini, due degli autori dello studio. “La capacità della p53 mutata di tenere bassi i livelli di sIL-1Ra contribuisce notevolmente al mantenimento di un microambiente tumorale di tipo infiammatorio e quindi alla malignità del tumore». 

L’infiammazione – spiegano i ricercatori – non è sempre un evento avverso per la salute del nostro organismo. Ma se ì processi infiammatori acuti costituiscono spesso una condizione di difesa, quelli cronici, dovuti alla presenza di bassi ma costanti livelli di citochine infiammatorie, costituiscono un microambiente favorevole per molte patologie, tra cui il cancro.

“La sIL-1Ra è attualmente utilizzata in clinica per la cura dell’artrite reumatoide”, precisa Silvia Soddu, coordinatrice del nuovo studio. “Per questo potrebbe costituire una nuova arma da utilizzare per bloccare il cancro”. 

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