Due settimane fa dagli Stati Uniti è giunto un nuovo allarme sull'abuso di antibiotici negliallevamenti di pollame. I maggiori allevamenti di pollame Usa somministrano gli antibiotici agli animali ogni giorno, di prassi, con il mangime, anche in assenza di malattie. Simili dosi secondo gli esperti favoriscono lo sviluppo di batteri super resistenti ai farmaci utilizzati per il trattamento dei pazienti. Il punto è che gli allevatori somministrano agli animali antibiotici che appartengono alla stessa categoria di farmaci utilizzati per gli umani, secondo le classificazioni dell'Fda.
Al giorno d'oggi, l'80% degli antibiotici utilizzati negli Usa non verrebbe somministrato ai pazienti, bensì agli animali da allevamento. Un circolo vizioso che probabilmente alle aziende consente una produzione maggiore, ma che rischia di mettere in pericolo la salute di tutti.
La California ha iniziato a muoversi controcorrente. Il governatore della California ha infatti appena votato la prima legge statale per ridurre l'impiego di antibiotici negli allevamenti e ha incoraggiato i legislatori ad individuare nuove strade per prevenire l'abuso di antibiotici.
Alcuni consumatori e gruppi ambientalisti hanno considerato la proposta di legge troppo debole, poiché risultava molto simile alle misure già esistenti indicate dall'Fda (qui le linee guida Fda in PDF) e troppo debole per portare ad un cambiamento concreto. Ecco allora che si troveranno nuove vie per ridurre l'impiego di antibiotici negli allevamenti e che la California continuerà ad impegnarsi in questo senso, nella speranza che possa essere d'esempio per altri Stati.
Secondo un gruppo di scienziati statunitensi, l'abuso di antibiotici negli allevamenti e in medicina sta mettendo a rischio la vita umana e innalzando a dismisura i costi della sanità pubblica. Si parla ormai di una vera e propria crisi della salute e del sistema sanitario, tanto che ai soli ospedali le infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici costano 20 miliardi di dollari all'anno. Ormai non vi sono più dubbi: la somministrazione continua e regolare di antibiotici agli animali di allevamento in dosi non terapeutiche (e dunque di routine, anche in assenza di malattie) sta contribuendo alla resistenza dei batteri ai farmaci.
Ma non finisce qui. Secondo l'ultimo rapporto dell'Oms sulla resistenza globale agli antibiotici,alcune malattie che sembravano ormai scomparse o facili da curare potrebbero ritornare a colpire e ritorcersi contro di noi, con molta forza, proprio a causa dell'abuso di antibiotici negli allevamenti. Alcune malattie, come la tubercolosi, diventate curabili in passato, ora risultano spesso fatali.
E il problema non interessa soltanto i Paesi in via di sviluppo e le zone del mondo in cui l'assistenza sanitaria è scarsa. L'allarme è già qui e le seguenti sono soltanto alcune delle infezioni che potranno tornare a minacciarci per via del nostro comportamento irresponsabile. In nome del profitto gli allevamenti intensivi non solo sfruttano gli animali fino alla morte, ma mettono in pericolo la salute di tutta l'umanità.
1) Tubercolosi
La tubercolosi si cura normalmente nel giro di 6 mesi prescrivendo ai pazienti una terapia apposita, basata su antibiotici un tempo molto potenti. Ora però i batteri si stanno dimostrando sempre più resistenti ai trattamenti convenzionali, tanto che in Paesi come l'Africa gli ospedali sono costretti a dimettere i malati di tubercolosi poiché non riescono a curarli con farmaci che invece dovrebbero risultare efficaci.
2) Gonorrea
La gonorrea è una malattia a trasmissione sessuale che nei secoli ha rappresentato un tabù. Da tempo ormai la si considera facilmente curabile e non di certo una minaccia. Una volta la si curava con la penicillina, ma ora i batteri che provocano la malattia hanno sviluppato livelli di resistenza così alti che esisterebbe al momento solo un farmaco in grado di contrastarli. Ma anche questo antibiotico, conosciuto come ceftriaxone, sta diventando meno efficace.
3) Klebsiella
Forse non avete mai sentito parlare di questo batterio che in realtà è piuttosto comune. Può infatti causare meningite, diarrea, polmonite e infezioni delle vie urinarie. E' stato già incluso in un gruppo di batteri noti come Eskape, per via della loro abilità di evitare gli effetti degli antibiotici impiegati contro di loro. Di questo gruppo fa parte anche lo Staphylococcus aureus.
4) Febbre tifoidea
Le vaccinazioni contro il tifo ci fanno pensare che questa malattia sia stata ormai debellata, ma in realtà colpisce ancora 21,5 milioni di persone ogni anno nel mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. I viaggi e la globalizzazione aumentano le potenzialità di infezione. Ogni anno più di 5000 persone si ammalano di tifo negli Usa a causa di cibi e bevande contaminati. La febbre tifoidea è causata dal batterio Salmonella typhi, che appare sempre più resistente agli antibiotici.
5) Sifilide e difterite
La sifilide attualmente viene trattata con una singola iniezione di penicillina, ma la resistenza a questo antibiotico si è già sviluppata nel caso di altre malattie. La difterite, accompagnata da febbre e brividi, è diffusa soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, ma il rischio di contagio è sempre presente, così come quello di sviluppo di nuove resistenze dei batteri agli antibiotici.
Cosa possiamo fare per limitare il problema della resistenza agli antibiotici? Innanzitutto, come da oggetto di questo articolo, sarebbe bene vietare l'impiego inutile e non necessario di antibiotici negli allevamenti.
Qualcosa possiamo fare comunque anche noi persone comuni. Non assumiamo antibiotici quando non è necessario. Gli antibiotici vanno assunti solo se prescritti da un medico e i medici stessi dovrebbero indicarli come cura soltanto quando i pazienti ne hanno davvero bisogno e in assenza di alternative. Ad esempio, gli antibiotici, che combattono i batteri, sono inutili nel caso dell'influenza, che è provocata da un virus. Un maggior impegno da parte di tutti potrebbe fare in modo che malattie curabili non ci si ritorcano contro ritornando fatali a distanza di decenni.
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