venerdì 12 dicembre 2014

La ricciola e gli altri cibi che fanno bene contro l'Alzheimer



Sotto accusa l'accumulo di rame. Cibi e integratori sotto la lente di studiosi e chef

Una ricetta a base di pesce azzurro, la ricciola, marinata all’aceto balsamico bianco con neve di melograno. È uno dei piatti anti-Alzheimer ideati dallo chef pluristellato Heinz Beck, nell'ambito di un progetto che punta a costruire una via alimentare per allontanare l'insorgenza dell'Alzheimer del quale hanno discusso, tra fornelli e slides, gli esperti dell’Istituto di Neurologia del Policlinico Agostino Gemelli di Roma e dall’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina. “Si tratta di un piatto dalle qualità organolettiche e nutrizionali particolari - spiega Giacinto Miggiano, Direttore dell’Unità di Dietetica del Policlinico Gemelli - ad elevato contenuto di acidi grassi omega 3, di vitamine B1 e B6, altre vitamine (B12), e a ridotto contenuto di rame, indicato nelle persone con malattia neurodegenerativa, che tiene conto delle indicazioni supportate da studi scientifici eseguiti anche su campioni numerosi di popolazione”.

Una dieta corretta potrebbe essere un valido aiuto per contrastare l'insorgenza dell'Alzheimer. Sono sempre più, infatti, gli studi scientifici che hanno dimostrato l’esistenza di un legame diretto tra alterazione nel metabolismo del rame e sviluppo della malattia di Alzheimer. Tra questi, lo studio condotto su circa 4 mila persone a Chicago (Rush University Medical Center), che ha messo in relazione una dieta a più alto contenuto di rame e grassi saturi e trans-insaturi con la progressione del declino cognitivo, paragonabile a 19 anni addizionali di invecchiamento.

“Il rame non-ceruloplasminico (detto anche “libero” o “tossico”), che nasce da un alterato metabolismo del rame e che il nostro organismo non riesce ad eliminare, in alcune persone predisposte, è un fattore di rischio modificabile per la malattia di Alzheimer. Pertanto, una volta accertata la presenza di livelli elevati di questo metallo nel sangue, attraverso un test brevettato (C4D), ora disponibile, è possibile intervenire con una dieta specifica”, spiega Rosanna Squitti, ricercatrice dell’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina, capofila di uno studio, condotto dal Nosocomio con il Policlinico Gemelli (coordinatore, Paolo Maria Rossini, Direttore dell’Istituto di Neurologia) e con l’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia: il gruppo ha di recente evidenziato come nei soggetti con livelli elevati di rame “libero” risulti triplicato il rischio di sviluppare malattia di Alzheimer (Annals of Neurology, 2014).  Cosa fare, allora?

Per semplificare, tra le indicazioni alimentari e gli stili di vita, soprattutto nei soggetti anziani, è consigliato osservareuna dieta ricca di verdure e frutta fresca, introdurre una dose adeguata quotidiana di vitamina E (presente in semi, spinaci ed altri vegetali a foglia larga) e vitamina B12 (efficace anche nella forma di integratore), controllare che le vitamine assunte non contengano né rame né ferro, ridurre i grassi saturi (come quelli contenuti nelle carni rosse). È utile inoltre fare almeno due ore di sport a settimana. S“Soprattutto – conclude la Squitti – a meno di indicazioni specifiche del medico curante, i complessi multivitaminici (integratori) che contengono metalli sono dannosi particolarmente nelle persone con livelli elevati di rame “libero” nel sangue e lo diventano ancor più se assunti congiuntamente a cibi ad alto contenuto di rame, come il fegato, i frutti di mare, le ostriche e le cozze. Resta fermo il fatto che è opportuno farsi seguire sempre dal medico che darà le indicazioni specifiche per ogni caso”.



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