Latte e latticini, tanto demonizzati quanto incompresi. Il parere della ricerca scientifica e la disinformazione, che può essere pericolosa come l’abuso di certi alimenti
Latte sì, latte no. Come spesso accade, quando si tratta di questioni alimentari che coinvolgono anche aspetti etici o credenze più o meno fondate, si alimentano – è proprio il caso di dirlo – anche le diatribe.
Ecco un decalogo con le argomentazioni più diffuse a favore e contro l’uso di questo alimento di origine animale. Ma dove sta la verità? Nella maggioranza dei casi, e come sempre, nel mezzo.
Ecco un decalogo con le argomentazioni più diffuse a favore e contro l’uso di questo alimento di origine animale. Ma dove sta la verità? Nella maggioranza dei casi, e come sempre, nel mezzo.
1. È vero che bere il latte in età adulta è innaturale?«L’essere umano è l’unico animale che continua a bere latte anche dopo lo svezzamento», si sente dire spesso per sottolineare che non bisognerebbe assumere latte. Si tratta invece di «un esempio importante di una mutazione vantaggiosa che si è presentata nel corso dell’evoluzione umana recente è la capacità di utilizzare il lattosio da adulti» secondo quanto affermato dal genetista dott. Luca Cavalli Sforza. Questo processo ha favorito l’adattamento delle popolazioni di pelle chiara, specie quelle dei Paesi nordici dove l’esposizione ai raggi solari – così preziosa per la sintesi della vitamina D – è ridotta. La capacità di digerire il latte anche da adulti ha dunque favorito l’approvvigionamento di vitamina D e di calcio in molte nazioni.
2. È vero che il consumo di latte può favorire le malattie cardiovascolari?
Il latte è un grasso animale e in quanto tale, secondo i suoi detrattori, favorirebbe le malattie cardiovascolari. Lo studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition e condotto dai ricercatori olandesi della Wageningen University, mostra invece come bere latte riduca sia il rischio di ipertensione che di attacco cardiaco. Da tutto ciò se ne deduce che non sono i grassi animali in sé a essere pericolosi, ma l’abuso – come d’altronde può accadere per tutti i tipi di alimento, animale o vegetale che sia.
Il latte è un grasso animale e in quanto tale, secondo i suoi detrattori, favorirebbe le malattie cardiovascolari. Lo studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition e condotto dai ricercatori olandesi della Wageningen University, mostra invece come bere latte riduca sia il rischio di ipertensione che di attacco cardiaco. Da tutto ciò se ne deduce che non sono i grassi animali in sé a essere pericolosi, ma l’abuso – come d’altronde può accadere per tutti i tipi di alimento, animale o vegetale che sia.
3. Il latte fa bene o fa male alle ossa?
Un’altra convinzione molto diffusa è quella secondo la quale il latte acidifica il sangue ed è anche causa di osteoporosi. Va sottolineato che introdurre una sostanza acida o basica non cambia il pH del sangue, che deve rimanere stabile a 7,4. Se questo non accadesse infatti moriremmo entro pochi minuti. Il nostro organismo è dotato di un sistema di equilibrio in grado di “trattare” le sostanze, sia acide che basiche, in modo da neutralizzarne l’ eventuale nocività. Se così non fosse un alimento realmente acido come il pomodoro sarebbe un serio pericolo per la nostra vita.
Altro argomento di sostegno alla dannosità del latte è che acidificando il corpo, quest’ultimo è costretto a tamponare prelevando il calcio dalle ossa indebolendole. Le cause dell’osteoporosi sono invece da imputare a fattori ormonali, metabolici e a una carenza di calcio nella dieta. Uno studio del 2013 pubblicato sulla rivista Nutrients e condotto dai ricercatori polacchi del Dipartimento di Nutrizione Umana dell’Università di Warmia e Masuria ha inoltre messo in evidenza come latte e osteoporosi possano invece essere amici. Secondo i ricercatori infatti «il consumo di prodotti lattiero-caseari durante l’infanzia e l’adolescenza può migliorare la densità minerale ossea e ridurre il rischio di osteoporosi nelle donne adulte». A sostegno di questa tesi anche lo studio pubblicato su Calcified Tissue International, in cui i ricercatori italiani dell’Istituto Gaetano Pini di Milano hanno trovato che «l’osteoporosi e l’ipertensione sono associate nelle donne in post-menopausa, e una bassa assunzione di latte può aumentare il rischio di entrambe le malattie, in qualità di un possibile collegamento patogeno». Si sente spesso parlare inoltre di “ceneri acide dell’osteoporosi”, rilasciate dal latte. Se, come abbiamo visto, gli alimenti non possono modificare il pH del sangue, i latticini non sono neanche acido-formanti. Da sottolineare poi che ogni cenere acida rilasciata dagli alimenti è espulsa per mezzo delle urine.
Un’altra convinzione molto diffusa è quella secondo la quale il latte acidifica il sangue ed è anche causa di osteoporosi. Va sottolineato che introdurre una sostanza acida o basica non cambia il pH del sangue, che deve rimanere stabile a 7,4. Se questo non accadesse infatti moriremmo entro pochi minuti. Il nostro organismo è dotato di un sistema di equilibrio in grado di “trattare” le sostanze, sia acide che basiche, in modo da neutralizzarne l’ eventuale nocività. Se così non fosse un alimento realmente acido come il pomodoro sarebbe un serio pericolo per la nostra vita.
Altro argomento di sostegno alla dannosità del latte è che acidificando il corpo, quest’ultimo è costretto a tamponare prelevando il calcio dalle ossa indebolendole. Le cause dell’osteoporosi sono invece da imputare a fattori ormonali, metabolici e a una carenza di calcio nella dieta. Uno studio del 2013 pubblicato sulla rivista Nutrients e condotto dai ricercatori polacchi del Dipartimento di Nutrizione Umana dell’Università di Warmia e Masuria ha inoltre messo in evidenza come latte e osteoporosi possano invece essere amici. Secondo i ricercatori infatti «il consumo di prodotti lattiero-caseari durante l’infanzia e l’adolescenza può migliorare la densità minerale ossea e ridurre il rischio di osteoporosi nelle donne adulte». A sostegno di questa tesi anche lo studio pubblicato su Calcified Tissue International, in cui i ricercatori italiani dell’Istituto Gaetano Pini di Milano hanno trovato che «l’osteoporosi e l’ipertensione sono associate nelle donne in post-menopausa, e una bassa assunzione di latte può aumentare il rischio di entrambe le malattie, in qualità di un possibile collegamento patogeno». Si sente spesso parlare inoltre di “ceneri acide dell’osteoporosi”, rilasciate dal latte. Se, come abbiamo visto, gli alimenti non possono modificare il pH del sangue, i latticini non sono neanche acido-formanti. Da sottolineare poi che ogni cenere acida rilasciata dagli alimenti è espulsa per mezzo delle urine.
4. Troppo latte fa venire i calcoli renali?
Una ricerca condotta dall’Università di Parma e pubblicata sul New England Journal of Medicine ha evidenziato come i calcoli renali non siano collegati all’assunzione di latte e latticini da assumere in ogni caso anche in caso di calcoli. Dallo studio infatti è emerso che «circa la metà delle persone che soffrono di calcolosi renale si ritrova anche a espellere quantità eccessive di questo minerale attraverso l’urina», a causa di motivi genetici non del tutto chiariti, come spiega il dott. Loris Borghi, Direttore del centro di calcolosi e infezioni delle vie urinarie dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma.
Una ricerca condotta dall’Università di Parma e pubblicata sul New England Journal of Medicine ha evidenziato come i calcoli renali non siano collegati all’assunzione di latte e latticini da assumere in ogni caso anche in caso di calcoli. Dallo studio infatti è emerso che «circa la metà delle persone che soffrono di calcolosi renale si ritrova anche a espellere quantità eccessive di questo minerale attraverso l’urina», a causa di motivi genetici non del tutto chiariti, come spiega il dott. Loris Borghi, Direttore del centro di calcolosi e infezioni delle vie urinarie dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma.
5. Bere latte crudo è pericoloso?Il caso del latte crudo è esploso nel dicembre 2008 con la diffusione dei distributori di latte gestiti dai contadini in seguito alla quale si soo verificati casi di intossicazione da E. Coli O 157. La pericolosità del latte crudo deriva dalla potenziale contaminazione batterica che può avvenire durante la mungitura che può causare una serie di malattie fra cui antrace brucellosi, tubercolosi, salmonellosi e listeriosi. E poi campilobatteriosi, coliti entero-emorragiche e infezioni da stafilococchi e streptococchi. Prima di consumarlo è bene farlo bollire anche se con la pastorizzazione lo si priva di elementi nutritivi e organolettici.
6. La caseina del latte stimola lo sviluppo dei tumori, come dice il “China Study”?
Si è parlato molto del China Study, condotto dal nutrizionista Thomas Campbell che fece unaserie di test in laboratorio in cui somministrò caseina ai topi. Dall’osservazione degli effetti sembrava che la sostanza facesse aumentare il tumore nei topi già ammalati. Tuttavia, quello che non è chiaramente emerso è che la caseina faceva crescere il tumore nei topi solo se somministrata in dosi pari al 20% – che per un ratto è una dose altissima, e lo sarebbe anche per un essere umano. Al contrario, una somministrazione del 5% di caseina provocava l’arresto della crescita del tumore. A mettere in dubbio la validità del China Study è anche un lavoro condotto dal dott. Andrea Ghiselli, medico nutrizionista e dirigente ricercatore dell’Inran: «Lo studio non ha corrispondenza con la realtà. È stato fatto 40 anni fa e poi smentito dall’attuale letteratura. Tutti gli orientamenti della comunità scientifica attuale sono contrari. Campbell ha condotto per esempio esperimenti in vitro, ha messo la caseina in provetta e ha visto che le cellule di un particolare tipo di tumore stavano meglio: ma certo, la caseina ha fornito loro del cibo, ma sarebbe successa la stessa cosa con qualsiasi altro tipo di nutriente». Infine, nel prestigioso rapporto del World Cancer Research Fund/American Institute for Cancer Research, non si evidenzia per esempio alcun legame tra il consumo di prodotti lattiero-caseari e il cancro dell’ovaio.
Si è parlato molto del China Study, condotto dal nutrizionista Thomas Campbell che fece unaserie di test in laboratorio in cui somministrò caseina ai topi. Dall’osservazione degli effetti sembrava che la sostanza facesse aumentare il tumore nei topi già ammalati. Tuttavia, quello che non è chiaramente emerso è che la caseina faceva crescere il tumore nei topi solo se somministrata in dosi pari al 20% – che per un ratto è una dose altissima, e lo sarebbe anche per un essere umano. Al contrario, una somministrazione del 5% di caseina provocava l’arresto della crescita del tumore. A mettere in dubbio la validità del China Study è anche un lavoro condotto dal dott. Andrea Ghiselli, medico nutrizionista e dirigente ricercatore dell’Inran: «Lo studio non ha corrispondenza con la realtà. È stato fatto 40 anni fa e poi smentito dall’attuale letteratura. Tutti gli orientamenti della comunità scientifica attuale sono contrari. Campbell ha condotto per esempio esperimenti in vitro, ha messo la caseina in provetta e ha visto che le cellule di un particolare tipo di tumore stavano meglio: ma certo, la caseina ha fornito loro del cibo, ma sarebbe successa la stessa cosa con qualsiasi altro tipo di nutriente». Infine, nel prestigioso rapporto del World Cancer Research Fund/American Institute for Cancer Research, non si evidenzia per esempio alcun legame tra il consumo di prodotti lattiero-caseari e il cancro dell’ovaio.
7. Il latte fa ingrassare?
Il latte può causare aumento di peso, conferma uno studio condotto dalla Harvard Medical School e il Brigham and Women’s Hospital di Boston, precisando però che questo dipende dalla quantità che se ne assume – cosa che vale per qualsiasi tipo di cibo. Al contrario una ricerca canadese pubblicata su Medicine and Science in Sport and Exercise, e condotta dal prof. Stu Philips e colleghi, ha evidenziato che bere latte al posto dell’acqua durante un allenamento fa incrementare la massa magra e perdere quella grassa. Infine uno studio prospettico pubblicato sull’International Journal of Obesity (Nature) e condotto su 3.440 partecipanti al “Framingham Heart Study”, ha mostrato come a fronte di un maggiore consumo di prodotti lattiero caseari, si aveva nel tempo un minore aumento di peso e del girovita.
Il latte può causare aumento di peso, conferma uno studio condotto dalla Harvard Medical School e il Brigham and Women’s Hospital di Boston, precisando però che questo dipende dalla quantità che se ne assume – cosa che vale per qualsiasi tipo di cibo. Al contrario una ricerca canadese pubblicata su Medicine and Science in Sport and Exercise, e condotta dal prof. Stu Philips e colleghi, ha evidenziato che bere latte al posto dell’acqua durante un allenamento fa incrementare la massa magra e perdere quella grassa. Infine uno studio prospettico pubblicato sull’International Journal of Obesity (Nature) e condotto su 3.440 partecipanti al “Framingham Heart Study”, ha mostrato come a fronte di un maggiore consumo di prodotti lattiero caseari, si aveva nel tempo un minore aumento di peso e del girovita.
8. Meglio il latte fresco o a lunga conservazione?
Qui, la risposta si rifà un po’ a quella sul latte crudo: dipende da cosa siamo disposti a perdere. Nel processo di lunga conservazione o UHT, il latte viene trattato esponendolo per circa 3-8 secondi ad alta temperatura (135-145°C). Questo processo permette al latte di guadagnare in conservabilità: si va dai 4-5 giorni per il latte fresco a 4-5 o più mesi per quello UHT. Si guadagna dunque in conservabilità, ma si perde in qualità. A subire la sorte peggiore durante il processo sono le vitamine: così se ne va gran parte della vitamina A, circa il 50% di vitamina C, il 50% di acido folico e il 50% di vitamina B12. E poi il 30% di vitamina B1 e di vitamina B6.
Qui, la risposta si rifà un po’ a quella sul latte crudo: dipende da cosa siamo disposti a perdere. Nel processo di lunga conservazione o UHT, il latte viene trattato esponendolo per circa 3-8 secondi ad alta temperatura (135-145°C). Questo processo permette al latte di guadagnare in conservabilità: si va dai 4-5 giorni per il latte fresco a 4-5 o più mesi per quello UHT. Si guadagna dunque in conservabilità, ma si perde in qualità. A subire la sorte peggiore durante il processo sono le vitamine: così se ne va gran parte della vitamina A, circa il 50% di vitamina C, il 50% di acido folico e il 50% di vitamina B12. E poi il 30% di vitamina B1 e di vitamina B6.
9. Latte per tutta la vita o con moderazione? Qual è il consumo ideale?
Le linee guida scientifiche per una sana alimentazione raccomandano l’assunzione di latte e latticini per tutta la vita. Nello specifico, le linee guida sottolineano che una dieta equilibrata – oltre a una corretta assunzione di frutta e verdura – dovrebbe comprendere tre porzioni al giorno (375 ml) di latte o yogurt, oltre a tre porzioni da 100 g settimanali di formaggio. Con questo regime di assunzione si ottiene la copertura del 43% del fabbisogno di calcio nelle categorie più bisognose come i bambini, i ragazzi e le donne in menopausa). Allo stesso modo, si ottiene la copertura di oltre il 60% del fabbisogno di Calcio negli adulti. Se con queste percentuali si teme per la propria linea, basti sapere che si arriva a coprire soltanto il 17% del fabbisogno calorico giornaliero di 2.000 Calorie. E, per quanto riguarda colesterolo e grassi, ci si attesta rispettivamente al 20% e al 30% della quota giornaliera consentita. E da anziani? Uno studio condotto dalla Harvard School of Public Health di Boston e pubblicato sulla rivistaHypertension ha indagato sulla correlazione tra prodotti lattiero-caseari, calcio e vitamina D con l’incidenza dell’ipertensione. Lo studio ha coinvolto circa 29mila donne di età compresa tra i 45 anni e oltre. Lo studio è durato dieci anni, e ha mostrato che l’assunzione di prodotti lattiero caseari a basso contenuto di grassi, l’assunzione di calcio e l’assunzione di vitamina D era inversamente associata al rischio di ipertensione, ossia più latticini, meno ipertensione.
Le linee guida scientifiche per una sana alimentazione raccomandano l’assunzione di latte e latticini per tutta la vita. Nello specifico, le linee guida sottolineano che una dieta equilibrata – oltre a una corretta assunzione di frutta e verdura – dovrebbe comprendere tre porzioni al giorno (375 ml) di latte o yogurt, oltre a tre porzioni da 100 g settimanali di formaggio. Con questo regime di assunzione si ottiene la copertura del 43% del fabbisogno di calcio nelle categorie più bisognose come i bambini, i ragazzi e le donne in menopausa). Allo stesso modo, si ottiene la copertura di oltre il 60% del fabbisogno di Calcio negli adulti. Se con queste percentuali si teme per la propria linea, basti sapere che si arriva a coprire soltanto il 17% del fabbisogno calorico giornaliero di 2.000 Calorie. E, per quanto riguarda colesterolo e grassi, ci si attesta rispettivamente al 20% e al 30% della quota giornaliera consentita. E da anziani? Uno studio condotto dalla Harvard School of Public Health di Boston e pubblicato sulla rivistaHypertension ha indagato sulla correlazione tra prodotti lattiero-caseari, calcio e vitamina D con l’incidenza dell’ipertensione. Lo studio ha coinvolto circa 29mila donne di età compresa tra i 45 anni e oltre. Lo studio è durato dieci anni, e ha mostrato che l’assunzione di prodotti lattiero caseari a basso contenuto di grassi, l’assunzione di calcio e l’assunzione di vitamina D era inversamente associata al rischio di ipertensione, ossia più latticini, meno ipertensione.
10. Per chi è intollerante al lattosio è un bene eliminare il latte dalla dieta?
È nell’intestino tenue, che il lattosio viene idrolizzato in glucosio e galattosio in modo da essere assorbiti e utilizzati dall’organismo. Tutto ciò, di norma avviene grazie alla presenza dello specifico enzima chiamato “beta galattosidasi” o “lattasi”. Se vi è una ridotta, o peggio mancata sintesi della lattasi, accade che vi è una limitazione o impedimento dell’idrolisi del lattosio e, di conseguenza, la sua utilizzazione.
Alla base della cosiddetta “intolleranza al lattosio” vi è dunque l’impossibilità di digerire il lattosio. I sintomi più comuni sono gonfiore e dolore addominale, diarrea, flatulenza.
Sebbene in altri Paesi – specie in Oriente e Medio-Oriente – esistano soggetti geneticamente intolleranti al lattosio, in Europa la carenza di lattasi si manifesta soltanto in circa il 5% della popolazione. Ma, fattori genetici a parte, questa intolleranza si è scoperto essere dovuta principalmente o a stati patologici particolari o proprio a una disabitudine al latte.
Secondo diversi esperti, eliminare dalla propria dieta il latte, specie se crudo, sarebbe alla base di un’intolleranza al lattosio che non sia dovuta a patologie particolari. La pastorizzazione, la bollitura o anche lo scaldare il latte a temperature superiori ai 47°C distrugge la maggioranza degli enzimi necessari alla buona digestione del latte – tra cui il lattasi. Ecco pertanto che, prima di eliminare il latte dalla dieta, sarebbe bene analizzare a fondo quale possa essere il problema.
È nell’intestino tenue, che il lattosio viene idrolizzato in glucosio e galattosio in modo da essere assorbiti e utilizzati dall’organismo. Tutto ciò, di norma avviene grazie alla presenza dello specifico enzima chiamato “beta galattosidasi” o “lattasi”. Se vi è una ridotta, o peggio mancata sintesi della lattasi, accade che vi è una limitazione o impedimento dell’idrolisi del lattosio e, di conseguenza, la sua utilizzazione.
Alla base della cosiddetta “intolleranza al lattosio” vi è dunque l’impossibilità di digerire il lattosio. I sintomi più comuni sono gonfiore e dolore addominale, diarrea, flatulenza.
Sebbene in altri Paesi – specie in Oriente e Medio-Oriente – esistano soggetti geneticamente intolleranti al lattosio, in Europa la carenza di lattasi si manifesta soltanto in circa il 5% della popolazione. Ma, fattori genetici a parte, questa intolleranza si è scoperto essere dovuta principalmente o a stati patologici particolari o proprio a una disabitudine al latte.
Secondo diversi esperti, eliminare dalla propria dieta il latte, specie se crudo, sarebbe alla base di un’intolleranza al lattosio che non sia dovuta a patologie particolari. La pastorizzazione, la bollitura o anche lo scaldare il latte a temperature superiori ai 47°C distrugge la maggioranza degli enzimi necessari alla buona digestione del latte – tra cui il lattasi. Ecco pertanto che, prima di eliminare il latte dalla dieta, sarebbe bene analizzare a fondo quale possa essere il problema.
IN CONCLUSIONESe dunque le proprie convinzioni personali etiche, o gravi problemi di salute, non impongono di eliminare latte e latticini dalla dieta, analizzando i risultati di studi clinici e scientifici si evidenzia come la maggioranza sia a supporto di quanto da sempre ritenuto dalla saggezza popolare, che vede nell’uso equilibrato di questi alimenti una preziosa fonte di nutrienti e sostanze utili per la salute. Bere latte può portare a un bilancio positivo del calcio, indicando, tra l’altro, che è più quello che viene assorbito che non quello che viene espulso. Diversi altri studi hanno infine dimostrato che il fosfato in generale aumenta la ritenzione del calcio e migliora la salute delle ossa.
Nessun commento:
Posta un commento