martedì 2 ottobre 2018

Assonnati duranti il giorno? Triplica il rischio Alzheimer



Le persone che si sentono assonnate durante il giorno corrono un rischio tre volte maggiore di sviluppare l’Alzheimer. Lo suggerisce uno studio pubblicato sulla rivista Sleep dagli scienziati della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e del National Institute on Aging di Baltimora (Usa), secondo cui la sonnolenza diurna sarebbe legata a un maggior accumulo di placche beta-amiloidi nel cervello.

La ricerca ha esaminato i dati raccolti dal “Baltimore longitudinal study of aging (Blsa)”, uno studio a lungo termine iniziato nel 1958 dal National Institute on Aging, che ha monitorato per anni lo stato di salute di migliaia di volontari. In particolare, gli autori hanno seguito un sottogruppo di 123 partecipanti che tra il 1991 e il 2000 ha risposto a un questionario riguardante la qualità del sonno e la tendenza a essere assonnati durante le ore diurne. Negli anni successivi i soggetti sono stati sottoposti a diverse analisi di neuroimaging, compresa la tomografia a emissione di positroni (Pet), per verificare se nel loro encefalo si trovassero depositi di proteine beta-amiloidi, che danneggiano progressivamente il tessuto neuronale e costituiscono un elemento caratteristico della malattia di Alzheimer.

Al termine dell’analisi, è emerso che le persone che soffrivano di sonnolenza diurna avevano probabilità tre volte maggiori di presentare accumuli di proteine beta-amiloidi nel cervello. Dopo aver escluso fattori capaci d’influenzare la tendenza a essere assonnati durante il giorno, come l’età, il sesso, il livello d’istruzione e l’indice di massa corporea, gli studiosi hanno osservato che il rischio di avere placche di beta-amiloidi era ancora più elevato di 2,75 volte tra i partecipanti con sonnolenza diurna rispetto agli altri.

Secondo gli esperti, attualmente l’origine di questo fenomeno non sarebbe chiara. È possibile, spiegano gli autori, che i disturbi del sonno producano la formazione di placche beta-amiloidi attraverso un meccanismo sconosciuto e che, nel contempo, causino sonnolenza diurna. Ma non è possibile escludere, aggiungono gli studiosi, che sia proprio l’accumulo di queste proteine tossiche a provocare disturbi del sonno e sonnolenza diurna. In ogni caso, la scoperta si aggiunge a una serie di evidenze che collegano la demenza ai disturbi del sonno.
“Non esiste ancora una cura per la malattia di Alzheimer, per cui dobbiamo fare del nostro meglio per prevenirla – afferma Adam P. Spira, che ha diretto l’indagine -.  Ma anche se venisse individuata una cura, le strategie di prevenzione dovrebbero essere sempre messe al primo posto. Migliorare la qualità del sonno potrebbe essere un modo per prevenire o forse rallentare lo sviluppo di questa malattia”.

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