mercoledì 21 gennaio 2015

Indice glicemico: perché è importante e quali sono gli alimenti a basso IG



Si parla sempre più spesso dell’indice glicemico e dell’importanza di scegliere alimenti che lo abbiano basso non solo per chi soffre di diabete ma anche per chi vuole mantenersi in salute più a lungo. 
Mangiare alimenti con indice glicemico basso aiuta infatti a prevenire diabete, obesità, malattie cardiovascolari e più in generale a mantenere un buon metabolismo corporeo.
Questo parametro (IG) è utile a classificare gli alimenti in base all’effetto che essi hanno sulla glicemia, ovvero sul livello di glucosio nel sangue. Si dividono dunque i cibi con IG alto, ovvero quelli che vengono rapidamente digeriti e metabolizzati, provocando picchi di zucchero nel sangue, quelli a IG medio per cui il picco è più contenuto e a IG basso, ovvero gli alimenti a lenta digestione e assorbimento che producono aumenti graduali dei livelli di zucchero nel sangue e di insulina. 
Per la misurazione dell’IG viene preso come punto di riferimento il glucosio che corrisponde a 100 nella scala dell’indice glicemico, tutti gli altri alimenti nelle tabelle sono inseriti a seconda del punteggio che gli è stato assegnato che va da 0 a 100. Esso viene calcolato testando, su persone sane, quanto aumenta la glicemia dopo aver consumato un alimento che possiede una quantità standard di carboidrati (50 grammi), rispetto alla stessa quantità di glucosio (assunto sotto forma di acqua zuccherata).
Generalmente si considerano cibi a basso IG quelli che risultano avere un valore uguale o inferiore a 55, a medio IG da 56 a 70 e alto IG più di 70. Non sempre le tabelle riportano dati esattamente uguali ma comunque il più delle volte non differiscono in modo significativo tanto da far sì che un alimento passi dal range dell'IG basso a quello alto. Tra l’altro c’è da considerare che uno stesso cibo può avere due IG diversi a seconda del metodo di cottura con cui viene preparato.

Le diete a basso indice glicemico hanno dimostrato di migliorare sia i livelli di glucosio e lipidi nelle persone con diabete (di tipo 1 e di tipo 2) sia di avere benefici per il controllo del peso perché aiutano a ritardare la fame. Già dal 1999, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato che le persone nei paesi industrializzati optino per una dieta basata su una buona quantità di alimenti a basso indice glicemico per prevenire le più comuni malattie del benessere, come la malattia coronarica, il diabete e l'obesità.
Ma quali sono gli alimenti con indice glicemico più basso che dovremmo inserire più spesso nella nostra dieta?
VERDURA
In generale la maggior parte degli ortaggi sono a basso IG, via libera dunque a seconda delle stagioni a spinaci, sedano, porri, finocchi, asparagi, cavoli e broccoli di ogni genere, peperoni, cipolle, cetrioli, zucchine, ravanelli, bieta, carciofi, melanzane. Si parla di un IG stimato in 15/20. Attenzione invece alle patate che, a seconda della cottura, hanno un IG minimo che parte da oltre 70!
FRUTTA
Anche molti frutti sono a basso indice glicemico, tra questi ricordiamo mele, pere, pesche, prugne, melograno, pompelmo, albicocche, ribes, lamponi, pomodori.
LEGUMI
Legumi come soia, fagioli rossi e neri, cannellini, borlotti, lenticchie, azuki, ceci, piselli sono tutti a basso indice glicemico.
LATTE
Un IG di circa 30 è quello relativo al latte sia scremato che intero ma anche derivati del latte come ricotta e yogurt non contribuiscono ad alzare velocemente la glicemia.
CEREALI
Difficile trovare cereali con basso IG, quello che ha il più basso indice glicemico è l’orzo seguito dalriso selvatico. Tra i cereali “non cereali” possiamo annoverare invece la quinoa mentre a medio IG segnaliamo avena, grano saraceno, riso integrale e segale. Bisogna tenere sempre presente che i cereali integrali e di conseguenza le farine da essi ricavate hanno un IG minore rispetto ai corrispettivi raffinati e sono dunque comunque da prediligere nell’ottica di una dieta che voglia contenere l’indice glicemico.

C’è poi un semplice trucco per ridurre l’IG degli alimenti che si consumano ed è quello diinserire la giusta quantità di fibre, gli alimenti che le contengono infatti sono in grado di tenere a bada la glicemia. 

Nelle sigarette fai-da-te i rischi non sono inferiori rispetto alle "bionde"


Rollare non apporta benefici alla salute. A parlarne è una nuova campagna-shock britannica

Fra i fumatori circola una convinzione sempre più diffusa: le sigarette fai-da-te sarebbero meno dannose rispetto a quelle tradizionali. Purtroppo, però, questa credenza non trova un riscontro nella realtà. A ricordarlo è la nuova campagna antifumo dell'agenzia del Dipartimento della Salute del Regno Unito Public Health England (Phe), che focalizza l'attenzione proprio sui rischi delle sigarette rollate.

“Oggi un numero significativo di fumatori rolla le sigarette senza rendersi conto che grammo dopo grammo di tabacco sono tanto insalubri quanto le sigarette tradizionali – ha spiegato Dame Sally Davies, responsabile medico di Phe – Le ricerche che abbiamo a disposizione suggeriscono che le persone pensano che sia più sicuro fumare una sigaretta rollata, ma si sbagliano, non è sicuro. Nessun tabacco è sicuro”. Nel sottolineare i rischi associati al consumo di tabacco Phe non si è soffermata sul cancro e sullemalattie cardiovascolari – già oggetto di due campagne condotte in passato – ma sul decadimento generale prodotto dal fumo di tabacco nell'organismo umano, in particolare a danno di cervello, ossa, muscoli, denti e occhi. Un fumatore corre infatti un rischio superiore di sviluppare l'Alzheimer (+ 59%), disturbi cognitivi (+ 53%), mal di schiena cronico (+79 %), fratture alle ossa (+ 25%) efratture all'anca (+ 40%). Inoltre chi fuma ha una maggiore probabilità di dover affrontare la degenerazione maculare senile e la cataratta.

Davies ha sottolineato come le campagne condotte in passato nel Regno Unito abbiano sortito un effetto significativo sull'opinione pubblica. Tuttavia, “mentre molti fumatori sono consapevoli dei danni prodotti dalle sigarette al loro cuore e ai loro polmoni, è molto meno probabile che siano consapevoli di quanto il fumo sia pericoloso per il corpo, che viene essenzialmente degradato dall'interno verso l'esterno, e le sigarette rollate non fanno eccezione”.

“Gennaio – ha fatto notare l'esperta – è il momento in cui molte persone fanno buoni propositi per il nuovo anno per migliorare la propria salute e cercare di smettere di fumare”. A quanto pare ne varrebbe la pena per tutti i fumatori, indipendentemente dal tipo di sigarette fumate ogni giorno.


“Cervicale”: ecco che cosa fare quando il dolore ci blocca



Succede soprattutto in estate: il collo “s’inchioda” per colpa di una contrattura muscolare improvvisa. Uno specialista fisiatra ci spiega perché succede e come reagire

La scena è tipica. Mano sulla nuca e smorfia: «Che strazio, ‘sta cervicale!». In realtà, la famigerata “cervicale” è un naturalissimo tratto di colonna vertebrale, costituito da sette vertebre, articolate in modo complesso grazie anche a un sistema assai elaborato di legamenti e muscoli. Dunque, ciò che procura strazio è semmai la cervicalgia (traduzione: male al collo), ecco la parolina corretta. Parliamo di un dolore che tende a irradiarsi alle spalle (ai muscoli trapezi) e talora alle braccia, rendendo difficoltosi i movimenti nei casi più gravi. Una volta nella vita il 50 per cento della popolazione finisce per patire un episodio di cervicalgia.
I FATTORI SCATENANTI - Si tratta di una iattura che affiora proprio quando l’estate impazza. Ma come? Il calore non è una benedizione per ossa e articolazioni? Sì, ma capelli bagnati, sbalzi di temperatura e aria condizionata sono la maledizione. «Tutte queste evenienze, in effetti, possono scatenare, di riflesso, una certa contrattura muscolare», spiega il dottor Lorenzo Panella, direttore dell’Unità operativa di Medicina fisica e Riabilitazione all’Istituto ortopedico «Gaetano Pini» di Milano. «E quest’aumentata rigidità, questo piccolo fenomeno infiammatorio locale, può finire per generare fitte dolorose soprattutto nei colli già sofferenti, in chi magari, senza esserne consapevole, si trascina costrizioni e compensazioni silenziose fino a quel momento».
CATTIVE POSTURE - Come dire: sforzi esagerati, accidenti climatici (il mitico “colpo d’aria”), la prestazione sportiva “della domenica”, affrontata così, senza riscaldamento o una preparazione adeguata, possono incrinare all’improvviso l’apparente benessere del sistema muscolo-scheletrico. Scriviamo «apparente», perché l’autentico nemico del collo (e della schiena), il “tarlo” che mina nel tempo la sua stabilità, sono la sedentarietà, la postura cristallizzata per ore di fila dinanzi allo schermo del computer, i movimenti ripetitivi (del polso sul mouse). Traumi, questi, che sottopongono muscoli, scheletro, legamenti e nervi a un cronico, sotterraneo danno. Ecco, allora, la contrattura muscolare, che scatta come una forma di difesa da parte del muscolo, sovraccaricato, sollecitato oltre le sue capacità fisiologiche, e che può protrarsi per qualche giorno (in media dai tre ai sette).
PER PLACARE IL DOLORE - «Del resto, non si finirà mai di ribadire che il collo è progettato per muoversi», dice Panella. «La nostra vita quotidiana, invece, ci costringe, nella maggior parte dei casi, a restare fermi, “congelati” in pose incongrue, nemiche della salute. Darsi una mossa resta, allora, la migliore prevenzione». Come imbrigliare l’attacco doloroso? «La terapia della cervicalgia prevede in primo luogo, nella fase acuta del dolore, la somministrazione di farmaci analgesici e antinfiammatori», risponde il dottor Panella. «Dopodiché, si potrà valutare, con l’aiuto dello specialista fisiatra, un’eventuale terapia riabilitativa: esercizi, in altre parole. Che non sono tutti uguali. Per alcuni è necessario un piano di attività specifico per il recupero della mobilità articolare, per altri è più giusto insistere sulla ginnastica “di rinforzo” muscolare, e a qualcun altro si addice maggiormente lo stretching, per allungare attivamente i muscoli contratti». Massaggi, ultrasuoni, termoterapia, elettrostimolazione? «Se lo specialista lo riterrà necessario, ci si può sottoporre anche a questi trattamenti, che dovranno essere sempre eseguiti da tecnici esperti. Ma più efficaci sono gli interventi che ognuno di noi può rivolgere alla propria postura: modificando frequentemente la posizione del corpo quando si sta incollati al computer e concedendosi le pause per “sciogliere” muscoli e articolazioni. I benefici non mancheranno».
CONSIGLI PER CHI GUIDA - L’attenzione andrà rivolta anche su altri fronti. In auto, per esempio. Per capirsi: il sedile dell’automobile non è la poltrona di casa. Per la sicurezza e la salute del collo, le spalle vanno perfettamente appoggiate allo schienale del sedile, con le braccia distese e le mani che impugnano il volante nei punti mediani del cerchio (ovvero, immaginando il quadrante di un orologio, gli arti sono posti come se segnassero le 9 e 15). Gli specchietti per la visibilità esterna vanno posizionati in modo che, per osservarli, sia sufficiente muovere semplicemente gli occhi. «Il braccio appoggiato alla portiera, sporgente dal finestrino aperto, oltre al colpo d’aria fonte di penose contratture muscolari, genera una postura anomala, ed è quindi vivamente sconsigliabile», raccomanda Lorenzo Panella.
E IL CUSCINO? - Non esiste prova scientifica che un determinato cuscino funzioni meglio di un altro contro la “cervicale”. Certo, il tipo anatomico, modellato per assecondare il collo sia nella posizione supina (di schiena), sia laterale, potrebbe pure tornare utile, ma non è la soluzione universale, «anche perché quando siamo addormentati tendiamo ad assumere la posizione che ci viene più naturale e comoda», stigmatizza Panella.
NO AL RIPOSO TOTALE - «Se siete alle prese con una cervicalgia, l’inattività, il riposo completo non aiuta e, anzi, rallenta la guarigione», avverte Panella. «Se certe attività quotidiane comportano qualche dolenzia, non spazientitevi e sopportatele! S’è visto, infatti, che persino in quel trauma serio del collo chiamato colpo di frusta, in occasione di un tamponamento automobilistico, per ridurre il dolore risulta più efficace la mobilizzazione che la classica prescrizione “riposo e collare”».