domenica 30 aprile 2017

Cosa mangiare al posto della carne?




Quasi un italiano su dieci ha detto addio alla carne. Chi per una presa di posizione etica, chi per scelta salutista, sta di fatto che attualmente stiamo assistendo a una rivoluzione delle abitudini alimentari. La rinuncia però non si deve tramutare in carenze alimentari, che possono poi ritorcersi contro e provocare lacune ai danni dell’organismo.
Cosa scegliere al posto della carne, assicurandoci una alimentazione sana ed equilibrata?

1. Legumi

La loro notevole varietà (ceci, lenticchie, piselli, fave, fagioli e tanti altri) e semplicità di cottura, permette un ampio utilizzo in cucina. Sono una fonte importante di proteine vegetali, dal momento che apportano vitamina B e minerali, con innumerevoli benefici per la salute. I legumi sono infatti ricchi di ferro, fibre e poveri di grassi e quindi perfetti per chi ha problemi di colesterolo. Da consumare almeno tre-quattro volte a settimana anche sotto forma di zuppe, polpette o nelle insalatone. Se abbinati ai cereali, possibilmente integrali, assicura l’apporto di tutti gli aminoacidi essenziali.

2. Seitan

Questo alimento. derivato dalla lavorazione del glutine del frumento, ha un elevato apporto proteico e, se abbinato ai legumi, consente di assumere tutti gli amminoacidi necessari. Avendo un sapore neutro è molto versatile e ha la capacità di prendere il gusto delle spezie e degli alimenti con i quali lo si cucina. Privo di grassi saturi e colesterolo, non è però adatto ai celiaci. Si può acquistare precotto oppure lo si può preparare anche in casa.

3. Tempeh

Denominato anche “carne di soia”, il tempeh è ottenuto attraverso un processo di fermentazione dei fagioli di soia gialli. Ricco di fibre, vitamine, ferro, calcio, potassio, fosforo e magnesio, oltre che di proteine, è un contorno completo anche dal punto di vista delle proprietà nutritive. Con il processo di fermentazione si conservano tutte le qualità nutrizionali ed è altamente digeribile. Spesso è preparato come spezzatino vegetale o come ragù per condire un buon piatto di pasta.

4. Mopur

Perfetto per sostituire gli affettati nei panini o anche da solo condito con olio, sale e limone – ricorda infatti molto la bresaola – il mopur deriva dalla lavorazione e fermentazione naturale del grano e può essere fatto facilmente anche in casa. È naturalmente privo di colesterolo ed apprezzato per la sua bassa percentuale di grassi.

5. Tofu

È un alimento di origine orientale di colore bianco e venduto a panetti o a cubetti. Il sapore delicato che lo caratterizza lo rende molto versatile in cucina, tanto da essere utilizzato come secondo, per creare salse e ripieni, oppure nei dolci. Si ottiene dai fagioli di soia che vengono cotti, ammolliti e filtrati. Il latte ricavato, viene poi fatto cagliare con i sali di magnesio e quindi pressato. Ricco di proteine e sali minerali, è anche un ottimo alleato contro il colesterolo, l’aterosclerosi e ipertensione.

6. Alghe

Le alghe sono un alimento ricco di aminoacidiproteine vegetali, grassi insaturi, sali minerali e vitamine. Sono molto versatili in cucina e si prestano a svariati tipi di utilizzo in quanto possono essere aggiunte alle zuppe, alle minestre (alghe Kimbu) e alle insalate (alghe WakameHijlkiArame), oltre a essere tostate e utilizzate come contorno (alghe Nori).

7. Miso

Il miso è un alimento fermentato che si ottiene dalla soia gialla. Ha una consistenza particolarmente cremosa e dal sapore delicato, tanto da essere utilizzato come alternativa al dado per la preparazione di zuppe e minestre, ma anche per insaporire i cibi o per accompagnare i contorni. Contiene proteine facilmente assimilabili, sali minerali, oligoelementi, vitamine ed enzimi. I fermenti vivi presenti arricchiscono la flora batterica, stimolano la digestione e rafforzano l’intestino.

8. Muscolo di grano

Molto simile al seitan, il muscolo di grano è un derivato della lavorazione del glutine di frumento ma addizionato anche di farina di legumi e quindi più proteico. Ottima alternativa al ragù di carne, può essere utilizzato nella preparazione di arrosti o spezzatini vegetali. Seppur non presenti colesterolo e abbia un apporto calorico limitato, fornisce tutti gli aminoacidi essenziali che permettono l’assimilazione delle proteine presenti.

9. Quinoa

Erroneamente annoverata tra i cereali, la quinoa è un piccolo seme ricco di proteine, facile da cucinare e molto versatile. Essa fornisce tutti gli aminoacidi essenziali che il corpo non produce da solo. È fonte anche di lisina, essenziale per la crescita e la riparazione dei tessuti. Contiene inoltre fibre, ferro, magnesio e manganese.

10. Frutta secca e semi


Perfetti come spezza-fame, da inserire nelle insalate o alla base della cucina crudista, la frutta secca, così come anche i semi, sono un’ottima fonte di proteine e non solo. I semi di chia sono ricchi di aminoacidi necessari per la formazione delle proteine, di fibre e antiossidanti. Anche i semi di zucca e di girasole sono ricchi di proteine vegetali. I semi di canapa sono considerati un alimento completo dal punto di vista proteico. Le mandorle, tra la frutta secca, si distinguono per il loro elevato contenuto proteico.

Quale e quanta carne rossa mangiare?




A differenza della carne bianca, la carne rossa è spesso sotto accusa per gli effetti che può provocare sulla salute.
Se da una parte un modesto consumo di questo alimento sia accettabile per l’apporto di nutrienti preziosi quali la vitamina B12 ed il ferro, infatti, d’altro canto è stato più volte evidenziato come un consumo eccessivo di carne rossa (soprattutto lavorata, come salumi, insaccati e carne in scatola) possa aumentare il rischio di sviluppare alcune tipologie di tumori.
Per indagare più a fondo su questo alimento, abbiamo chiesto il consulto della dottoressa Monica Giuffrè, nutrizionista presso l’unità di Chirurgia Generale e Bariatrica dell’Istituto di Cura Città di Pavia.

Cosa si intende per “carne rossa”?

«Per carne rossa si intende la carne con elevato contenuto di mioglobina, ottenuta da animali da macello» afferma l’esperta.
Nello specifico, tra le carni rosse troviamo la carne di bovini adulti, la carne equina e quella di ovini e caprini adulti.

Di quali tipologie è maggiormente consigliabile il consumo?

«Suggerirei di scegliere principalmente tagli magri, quali fesa, girello e noce, contenenti al massimo il 5% di grassi – spiega la dottoressa Giuffrè – È bene invece limitare il consumo di salumi, insaccati e carne in scatola, che essendo trattati per la conservazione presentano additivi, conservanti ed una maggiore concentrazione di sale».

Quante volte alla settimana dovrebbe essere mangiata?

«Seguire una dieta equilibrata significa variare la scelta dei cibi, rispettando la quota giornaliera di carboidrati, grassi e proteine – risponde l’esperta – Secondo le linee guida, per una sana alimentazione dovremmo consumare al massimo 500 g di carne alla settimana, tra bianca e rossa in piccole porzioni, comprese tra i 70-100g. Nel caso di carni conservate, la porzione ideale si riduce a 50 grammi per 1-2 volte a settimana».

Ci sono cotture da preferire?

«Le cotture ideali devono preservare la qualità delle proteine e degli altri nutrienti e limitare la formazione di sostanze tossiche. Quindi meglio quelle rapide ad alta temperatura come alla griglia o la cottura prolungata a basse temperature che la rendono più digeribile e morbida» spiega l’esperta.
È consigliabile quindi impiegare delle modalità di preparazione semplice, che prevedano inoltre una ridotta aggiunta di condimenti.  

Quali sono i benefici nel consumo di carne rossa? E quali i rischi?

«I benefici della carne rossa sono sicuramente il prezioso contenuto di proteine nobili, di ferro e di vitamine, quali nutrienti fondamentali per il benessere del nostro organismo – spiega la dottoressa Giuffrè – È utile alla crescita dei bambini ed al sostegno dei tessuti negli anziani, è di supporto nei pazienti carenti di ferro e per chi svolge attività fisica intensa e desidera incrementare la massa muscolare».

D’altro canto, «è chiaro che, come per tutti gli alimenti, non bisogna eccedere nel consumo. Basta quindi seguire una dieta varia e rispettare le porzioni giornaliere consigliate. L’abuso di carni rosse, a lungo andare, può causare malattie cardiovascolari, gotta e osteoporosi ma anche tumori del colon retto e dello stomaco» conclude l’esperta.

Sane abitudini anti-trombosi



A sette italiani su dieci, la parola trombosi dice poco o nulla. Sono in pochissimi infatti a sapere cos'è questa condizione, quali danni può fare, come si può prevenire, e quando un sintomo o un malessere devono essere valutati da un medico. La formazione di un coagulo di sangue, il trombo appunto, può generare malattie molto diverse. Di alcune, come l’ictus e l’infarto, si sa molto, ma su altre c’è ancora poca conoscenza e una diffusa tendenza a sottovalutarne i sintomi, tanto che, per esempio, sono davvero pochi colori i quali ricorrono tempestivamente al medico se avvertono dolori e crampi al polpaccio talmente forti da costringere a fermarsi.

Sintomi

«Se i disturbi durano da qualche giorno e la gamba si gonfia e si arrossa, è da considerare la possibilità di trombosi di un'arteria della gamba, condizione che può anche costituire il preludio di un’ischemia» spiega la dottoressa Lidia Rota Vender, presidente dell’Associazione per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolari, nonché responsabile del Centro trombosi dell’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano).
È consigliabile recarsi al pronto soccorso per un controllo anche qualora compaia una difficoltà improvvisa a vedere da vicino e da lontano, come se si indossassero degli occhiali con le lenti molto sporche, oppure se si ha la sensazione che manchi una porzione del campo visivo: entrambi questi sintomi infatti possono essere spie di un trombo che si è staccato dalla parete di un’arteria ed è risalito fino alla retina.

Terapia

«Per tutte le forme di trombosi è fondamentale intervenire tempestivamente - prosegue la dottoressa Vender - Oggi abbiamo a disposizione molti farmaci e nuovi sono in arrivo, ugualmente efficaci ma più pratici da utilizzare per il paziente. Sarà il medico a scegliere il tipo di farmaco e le dosi: più alte in caso di ictus acuto, per sciogliere il trombo o l’embolo, più basse, da usare per periodi prolungati, per impedirne la formazione».

Prevenzione

E per prevenire? Spesso dietro a queste malattie si nascondono abitudini sbagliate. «Basti pensare che una donna obesa, fumatrice e sedentaria, è esposta ad un rischio molto più elevato di andare incontro a una trombosi rispetto ad una coetanea fisicamente attiva e non fumatrice» spiega il dottor Corrado Lodigiani, aiuto primario del Centro trombosi. Ecco quindi alcuni consigli sui cibi e gli accorgimenti utili a prevenire la trombosi.

Alimentazione

Ora si sa che la trombosi si previene anche a tavola. Ecco i cibi e le bevande più efficaci secondo le ultime ricerche scientifiche.
Lattuga, spinaci, fragole e kiwi: contengono in quantità la vitamina B9, o acido folico. Nuovi studi dicono che aiuta ad abbassare i livelli dell’omocisteina nel sangue. Questo aminoacido è tra le sostanze infiammatorie che aumentano il rischio di trombosi. Attenzione però, la frutta va sbucciata al momento e la verdura va mangiata cruda, altrimenti si dimezza il contenuto della vitamina.
Pane integrale: consumarlo regolarmente abbatte del 24% il rischio di trombosi, come ha dimostrato uno studio appena pubblicato su una rivista scientifica internazionale. La ragione non è del tutto chiara, ma sembra legata al contenuto particolarmente concentrato di fibre, che rallentano l’assorbimento dei grassi (ovvero i primi responsabili della formazione dei trombi). Per ottenere l’effetto protettivo bastano 50/60 grammi al giorno.
- Pesce a volontà: se lo consumate solo due volte alla settimana sappiate che uno studio condotto per 20 anni, ha provato che chi alza la media ad almeno tre volte a settimana dimezza il rischio di trombosi cerebrale e quindi di ictus. Va bene di ogni tipo: tutto il pesce contiene acidi grassi che rendono il sangue più scorrevole.
Tè verde: è ricco di catechine, sostanze “miracolose” perché attivano il metabolismo dei grassi. Cioè inducono l’organismo a bruciare di più, a tutto vantaggio anche della linea. Non solo. I ricercatori hanno visto che chi consuma due o tre tazze al giorno di questa bevanda ha livelli più alti di colesterolo buono, un altro fattore che previene il rischio di trombi.
Fiocchi di avena integrale: contengono fibre che abbassano il colesterolo cosiddetto cattivo, cioè quello che contribuisce alla formazione del trombo. Ne bastano 30 grammi al giorno, nel latte della prima colazione, oppure nello yogurt.

Buone abitudini

Oltre alla dieta per prevenire la trombosi ci sono semplici accorgimenti da mettere in pratica nelle situazioni a rischio.
Mettere le calze per viaggi in aereo di più di quattro ore. L’immobilità prolungata mette a rischio la circolazione. Indossare le calze con una compressione di grado 2 C impedisce che il sangue ristagni nelle vene.
Andare a piedi se si prende la pillola contraccettiva. Fare ogni giorno 45 minuti di movimento, come una camminata a passo spedito, abbatte i livelli di sostanze infiammatorie nel sangue, che in chi assume ormoni possono diventare pericolosi.

Ricordarsi di bere se si vive in città trafficate. Le polveri sottili hanno la capacità di raggiungere il sangue che reagisce addensandosi e coagulando in modo eccessivo. Bere tutti i giorni almeno due litri di acqua minerale naturale aiuta a lavarle via dai bronchi.

Gli esami che ti permettono di scoprire in anticipo l'artrite reumatoide




Rispetto a qualche anno fa, grazie alla possibilità di fare una diagnosi precoce, è possibile scoprire in anticipo l’artrite reumatoide, una malattia infiammatoria cronica che colpisce le articolazioni provocando dolore e rigidità articolare soprattutto a livello di mani, polsi e piedi. Oltre al consiglio di rivolgersi al proprio medico qualora si manifestino dolori alle articolazioni che non passano dopo due settimane, ti suggeriamo un test fai-da-te ed un esame clinico specifico utile a scoprire l'artrite reumatoide.  

Questo esame puoi farlo tu

Come evidenziato da recenti studi scientifici, più della metà delle persone colpite da artrite reumatoide evidenziano, nel primo anno, rigidità e disturbi localizzati alle mani. Prova a ripetere questo autotest almeno una volta al mese per tre mesi: qualora manifestassi uno dei disturbi qui sotto elencati, è consigliabile consultare uno specialista quanto prima.
1. Appoggia le mani sul tavolo e osserva se almeno tre dita sono gonfie.
2. Avvita il tappo di un barattolo: non hai nessuna difficoltà oppure non riesci tanto sono rigide le mani? Ti capita di non riuscire a muovere le mani nei primi 30 minuti quando ti svegli al mattino?
3. Stringi la mano a un familiare, come per salutarlo: non provi alcuna sensazione particolare oppure il dolore alle dita è così intenso da farti mollare la presa?

Questo esame puoi farlo in ospedale

Per eliminare ogni dubbio, puoi farti prescrivere una visita specialistica dal medico curante e rivolgerti al centro di reumatologia della tua città. L’esame più innovativo è l’ecografia articolare, una metodica ad ultrasuoni non invasiva che permette di individuare anche piccolissime zone colpite dalla malattia, che non si notano con la radiografia.

L'ecografia articolare inoltre è un esame super rapido. Per darti un’idea, in trenta minuti è possibile controllare le articolazioni delle mani e dei piedi, che sono le parti più a rischio. Niente a che vedere quindi con la risonanza magnetica, ovvero l’esame solitamente richiesto per confermare la diagnosi che, nello stesso tempo (cioè mezz’ora), esamina solo una mano.

venerdì 28 aprile 2017

6 cose che non sapevi sulla mozzarella


È una delle eccellenze indiscusse della tavola “made in Italy” e, anche se oggi può essere prodotta in molte parti del mondo, quella fatta in Italia resta il punto di riferimento indiscusso per qualità e sapore: la mozzarella è il latticino più consumato in Italia e gli italiani sono considerati in tutto il mondo i maggiori esperti a riguardo. Ma è davvero così? Ecco 6 curiosità, segnalate da Assolatte, per saperne di più su questo straordinario prodotto italiano.

1. È il formaggio fresco più consumato in Italia

La mozzarella è il formaggio fresco più amato dagli italiani: le vendite complessive sfiorano 1 miliardo di euro. Se si considera anche quella di bufala, allora la famiglia delle mozzarelle arriva a rappresentare circa il 20% di tutti i formaggi comprati dagli italiani. Il 95% degli italiani consuma almeno una volta al mese una mozzarella.

2. Era già nota e apprezzata nel Rinascimento

La mozzarella viene citata per la prima volta con questo nome nel 1570, in un manuale da cucina del cuoco della corte papale Bartolomeo Scappi. Il significato rimanda al verbo “mozzare” con cui si indica la caratteristica operazione che il mastro casaro compie tagliando a mano la pasta filata per formare i bocconcini di mozzarella. E della “mozza” si parla ancora prima nel tempo, visto che la menziona Giovanni di Paolo Rucellai già nel 1481.

3. Per produrre quella vaccina serve quasi il doppio del latte rispetto a quella bufalina

Da 1 quintale di latte di mucca si ricavano circa 14 kg di mozzarella, mentre dalla stessa quantità di latte di bufala si ricavano ben 24 kg di mozzarella. Insomma per ottenere 1 kg di mozzarella vaccina occorrono circa 7 litri di latte mentre per quella bufalina ne bastano all’incirca 4 litri. 

4. È il formaggio italiano più diffuso nel mondo

La mozzarella ha conquistato i cittadini di tutto il mondo: quella italiana è sinonimo di alta qualità e rappresenta uno dei formaggi “made in Italy” più esportati in assoluto. I consumi di mozzarella sono in continua crescita sia in Europa ma anche in altri Stati più esotici, come il Brasile, l’Argentina, il Canada, la Nuova Zelanda e la Corea del Sud. E se si guarda alla classifica mondiale dei divoratori di mozzarella allora l’Italia guadagna la medaglia di bronzo; l’oro va agli Stati Uniti, il Paese dove si consuma più mozzarella al mondo, mentre l’argento spetta al Brasile. In quarta posizione c’è la Germania e in quinta il Canada.

5. È squisita anche con la frutta

Mai provata la mozzarella con la frutta fresca? I bocconcini sono una delizia con le fragole, la classica “palla” tagliata a fettine si accompagna bene con il pompelmo e il fiordilatte diventa ancora più fresco abbinato a insalata verde e  kiwi a fette. Per un aperitivo o un dessert sano e scenografico si può puntare sugli spiedini realizzati alternando le mozzarelline con more o anguria, cubetti di pesca e di melone, e acini di uva.

6. “Dimagrisce” se viene conservata male

La mozzarella è un formaggio eccezionale ma delicato, che va trattato con cura altrimenti perde le sue caratteristiche di freschezza e di sapore. Molto dipende dalla sua conservazione: gli sbalzi termici, infatti, non solo influenzano negativamente la conservabilità della mozzarella, ma incidono anche sul sapore, sul profumo e perfino sul suo peso. Quando viene conservata a temperature troppo alte, la mozzarella tende a perdere acqua, che finisce nel liquido di governo. Si tratta però di una perdita di peso apparente, che riguarda solo l’acqua e quindi non intacca i preziosi nutrienti della mozzarella e non comporta nessun rischio per il consumatore.

Omega 3: benefici e controindicazioni




Gli Omega 3 sono acidi grassi polinsaturi essenziali, molto utili per prevenire e curare le malattie cardiovascolari e alcune malattie infiammatorie. Il meccanismo d’azione degli acidi grassi essenziali si fonda sulla loro capacità di trasformarsi in Eicosanoidi, sostanze biologicamente attive.
I principali acidi grassi Omega 3 sono l’acido α-linolenico, di origine vegetale, importante per la crescita cellulare, e gli acidi grassi eicosapentaenoico (EPA), che possiede proprietà anticoagulanti, e docosaenoico (DHA), che influenza positivamente il funzionamento del cervello, della retina e delle gonadi.

A cosa servono gli Omega 3

Per una salute ottimale tutti abbiamo bisogno di acidi grassi Omega-3 quotidianamente.
Numerosi studi suggeriscono che questi possano essere utili nel trattamento di diversi disturbi patologici e nella prevenzione di altre malattie.
In particolare gli Omega 3 si sono dimostrati utili per:
- l'arteriosclerosi e le malattie cardiovascolari: attraverso la riduzione del rischio di sanguinamento e il rallentamento dello sviluppo dell'arteriosclerosi, malattia che comporta l'indurimento delle arterie con conseguenti disturbi circolatori;
- le malattie infiammatorie come l'artrite reumatoide, il morbo di Chron, la colite ulcerosa;
- la pelle in caso di psoriasi e dermatiti;
- il cervello per lo sviluppo cognitivo, il morbo di Alzheimer, lo sviluppo neonatale, la depressione e disturbi comportamentali;
- il metabolismo osseo;
- altre patologie quali asma allergico, diabete, cancro (riduzione del rischio).

Dove si trovano gli Omega 3 e quando ricorrere agli integratori

Tra i cibi che contengono maggiori quantità di Omega 3 ci sono: pesce, acciughe, merluzzo, salmone atlantico, tonno, sgombro, negli oli di pesce, nei semi di lino, nell’olio di lino e nelle noci.
Va però ricordato che la cottura dei prodotti ittici modifica notevolmente il contenuto degli acidi grassi a sfavore degli omega-3, questo è il caso soprattutto della frittura.
Qualora l'alimentazione non sia sufficientemente ricca di questi alimenti si può sempre ricorrere agli integratori, importanti perché la carenza di acidi grassi essenziali può comportare la comparsa di disturbi come: arresto della crescita, ansia, depressione e aumento del rischio delle malattie cardiovascolari.
Inoltre una diminuzione o assenza di questi acidi provoca un maggior rischio di sviluppare stati infiammatori.
Parlando di integratori, però, è bene sottolineare che l'integrazione deve essere fatta previo consulto e tenendo conto della propria storia clinica, di eventuali patologie e di stati fisiologici particolari, come gravidanza, allattamento, età avanzata. Per questi motivi è sempre consigliabile rivolgersi al proprio medico curante o a uno specialista in nutrizione per valutare l’integrazione più giusta sia in termini qualitativi che quantitativi.

Controindicazioni

Ad oggi non risultano controindicazioni per gli Omega 3, tuttavia esistono possibili effetti dovuti ad un sovradosaggio e si raccomanda di fare attenzione in chi è in trattamento con farmaci anticoagulanti poiché potrebbero potenziarne l’effetto.
Un altro rischio connesso all'assunzione di alimenti (soprattutto pesci) ricchi di Omega 3 risiede nella presenza di mercurio contenuto in alcuni pesci, come ad esempio il pesce spada, lo sgombro, e alcuni tipi di tonno.

Il livello di assunzione giornaliera di acidi grassi omega-3, raccomandati dalla società italiana di nutrizione umana, in un soggetto adulto sano, si aggira attorno a 1-1.5 grammi.

venerdì 21 aprile 2017

Due kiwi al giorno prevengono la parodontite



Per prevenire la malattia parodontale basta assumere due kiwi al giorno. Lo rivela uno studio condotto dai ricercatori dell'Università di Pisa che ha ottenuto l'Hm Goldman Prize 2017 assegnato dalla Società italiana di Parodontologia e Implantologia. Primo autore del lavoro scientifico è Filippo Graziani, docente del dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell'area critica e del centro di ricerca "Nutraceutica e alimentazione per la salute" del'ateneo pisano.

"In questa ricerca, sperimentata su due gruppi di pazienti - spiega Graziani - si è evidenziato il ruolo dell'assunzione giornaliera di due kiwi nella prevenzione della malattia parodontale. Questa abitudine ha infatti determinato una riduzione significativa del sanguinamento gengivale rispetto ai pazienti che non assumevano i kiwi continuando così le loro abitudini alimentari consuete.

E' un dato importante perché costituisce uno dei primi esempi di applicazioni nutraceutiche al campo dell'odontoiatria in generale e a quello della parodontologia in particolare". I ricercatori precisano che l'effetto benefico del kiwi è stato riscontrato nella fase di pretrattamento parodontale (che consta nella pulizia delle radici sotto le gengive): "L'intervento degli odontoiatri - conclude Graziani - è comunque fondamentale per curare la parodontite. L'assunzione di kiwi aiuta a ridurre l'infiammazione e il distacco di gengive e denti, ma i trattamenti di decontaminazione sono comunque necessari per contrastare l'avanzamento della malattia". 

Fonte

Vino rosso contro i danni del fumo ‘occasionale’



Bevanda di Bacco contrasta effetti negativi su vasi sanguigni

Per chi fuma occasionalmente una sigaretta meglio bere prima uno o due bicchieri di vino rosso. Ciò può essere di aiuto per contrastare alcuni degli effetti negativi a breve termine del fumo sui vasi sanguigni. È quanto emerge da uno studio dell'Università del Saarland, in Germania, pubblicato sulla rivista The American Journal of Medicine.
Lo studio, che come evidenziano i ricercatori non è un invito al fumo, ha esaminato gli effetti del fumo sui vari processi biochimici nel sangue e nei vasi sanguigni di 20 non fumatori sani che hanno acconsentito volontariamente a fumare tre sigarette. La metà ha bevuto vino rosso un'ora prima di fumare, per un contenuto complessivo di alcol nel sangue dello 0,75%. Sono stati inoltre raccolti campioni di sangue e urine, prima e dopo che i partecipanti avessero bevuto o fumato.
Dai risultati è emerso che, se è noto che il fumo provoca il rilascio di microparticelle nel flusso sanguigno, provenienti da tessuto endoletiale (che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni), piastrine e monociti, che possono indicare un danneggiamento dei vasi, nei fumatori che avevano bevuto vino rosso questi cambiamenti cellulari non avvenivano.
Non solo: i telomeri, una sorta di 'cappello' protettivo dei cromosomi, risultavano meno 'invecchiati' e quindi meno corti in chi aveva bevuto prima di fumare. Poiché i risultati hanno riguardato persone non fumatrici a cui è stato chiesto di fumare occasionalmente, gli studiosi avvertono che non sono invece noti gli effetti su chi fuma abitualmente, gli anziani o le persone malate.

Succo di barbabietola migliora prestazioni cervello




Maggiore connettività in regioni associate alla funzione motoria

L'attività fisica può avere effetti positivi sul cervello. Ma bere il succo di barbabietola può rafforzare questi benefici, in particolare per chi è più avanti con gli anni. Secondo uno studio pubblicato su Journal of Gerontology, infatti, produce maggiore connettività nelle regioni del cervello associate alla funzione motoria. Radice dal colore rosso viola, negli ultimi anni, la barbabietola ha guadagnato popolarità per i suoi potenziali benefici per la salute, che includono la riduzione della pressione del sangue e migliori prestazioni nell'esercizio fisico. Merito dell'elevato contenuto di nitrati, che aumentano il flusso di sangue al cervello e la distribuzione di ossigeno.
I ricercatori della Wake Forest University, nel North Carolina, hanno arruolato 26 partecipanti over 55, con pressione alta per effettuare 50 minuti di esercizio moderatamente intenso tre volte a settimana per 6 settimane. Un'ora prima di ogni seduta, metà dei partecipanti ha consumato un supplemento di succo di barbabietole contenente 560 milligrammi di nitrato, mentre gli altri un placebo. Al termine delle 6 settimane, i ricercatori hanno analizzato il cervello dei partecipanti tramite risonanza magnetica e scoperto che chi ha consumato il succo di barbabietole aveva una corteccia somatomotoria (regione che aiuta a controllare il movimento del corpo), strutturalmente più forte rispetto a chi ha consumato il placebo. "Rispetto all'esercizio da solo, l'aggiunta del succo ha determinato una connettività cerebrale che somiglia molto a quello che si vede nei più giovani", commenta il co-autore W. Jack Rejeski.

mercoledì 19 aprile 2017

Vitamina B contro l’inquinamento: protegge cuore e sistema immunitario





Assumere integratori di vitamina B potrebbe aiutare a combattere gli effetti negativi esercitati dall'inquinamento atmosferico sul cuore e sul sistema immunitario. A suggerirlo è uno studio pubblicato su Scientific Reports da un gruppo di ricercatori coordinato da Andrea Baccarelli, esperto di salute e ambiente della Mailman School of Public Health della Columbia University di New York. “I nostri risultati – spiega Baccarelli – hanno dimostrato che un'esposizione di 2 ore ad alte concentrazioni di PM2.5 ambientali esercita un impatto fisiologico sostanziale sulla frequenza cardiaca, sulla variabilità della frequenza cardiaca, e sul numero dei globuli bianchi. Inoltre, abbiamo dimostrato che questi effetti vengono quasi invertiti con una supplementazione di vitamina B di 4 settimane”.
               In particolare, esponendo individui sani, non fumatori, al particolato fine che inquina l'aria delle città (il PM2.5 citato da Baccarelli) i ricercatori hanno scoperto che l'assunzione di integratori a base di vitamine del gruppo B permette di ridurre ben del 150% gli effetti negativi dell'inquinamento sulla frequenza cardiaca, e non solo. Anche il numero totale di globuli bianchi e quello dei linfociti (cellule del sistema immunitario), aumentati proprio dall'esposizione al PM2.5, viene ridotto significativamente dal trattamento con vitamina B.

Con l'alimentazione si può assumere vitamina B con latte, piselli, uova, lievito di birra, pesce e verdura a foglia verde.

Fonte