mercoledì 3 dicembre 2014

Noci: elisir di lunga vita?



Alcuni studi hanno dimostrato che il consumo regolare di questo frutto riduce il rischio di malattie cardiovascolari.


Quando si parla di noci, insieme a nocciole, mandorle e pistacchi, si utilizza il termine “frutta secca”. Effettivamente è proprio così che si presentano alla vista: frutti secchi. In verità, la parte della pianta consumata non è il frutto bensì il seme, dove si concentrano tutte le sostanze nutritive più importanti della noce. 
Di norma, analizzando i valori nutrizionali di questo alimento la prima cosa che si nota è l’elevato apporto calorico, spiegato in parte dal basso contenuto di acqua ma soprattutto dall’elevato contenuto di grassi, più del 63%. 


Inoltre, anche l’apporto proteico non è da sottovalutare: se teniamo in considerazione che una porzione di frutta secca secondo le Linee guida per una sana alimentazione italiana equivale a 30 grammi, possiamo calcolare che una porzione di noci apporta quasi 5 grammi di proteine, quantità simile all’apporto proteico di un vasetto di yogurt. Questo le rende un ottimo spuntino, salutare e completo dal punto di vista nutrizionale. 
Tornando ai grassi, sappiamo che negli alimenti la maggior parte è presente sotto forma di trigliceridi, ossia di molecole composte da una unità di glicerolo e 3 acidi grassi. Gli acidi grassi possono avere strutture chimiche differenti e donare così diverse strutture ai trigliceridi presenti negli alimenti. Gli acidi grassi saturi hanno una struttura lineare e rigida che permette loro di compattarsi e di rendere solidi a temperatura ambiente gli alimenti che ne contengono grandi quantità. La letteratura scientifica ha ampiamente dimostrato che un consumo eccessivo di grassi saturi può causare un aumento del colesterolo e dei trigliceridi nel sangue, noti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Gli acidi grassi insaturi invece hanno una struttura “spezzata”, rendendo liquidi a temperatura ambiente gli alimenti che li contengono. Questi grassi possono essere monoinsaturi o polinsaturi, in base al numero e alla diversa collocazione dei doppi legami chimici nella struttura molecolare, e il loro consumo ha un effetto sulla salute sensibilmente diverso da quello derivato dal consumo di grassi saturi. È importante comprendere questo concetto per discriminare gli alimenti non soltanto in base alla quantità di grassi contenuti ma, soprattutto, in base alla qualità degli stessi. Analizzando nel dettaglio la qualità dei lipidi contenuti nelle noci, infatti, è possibile notare che la quasi totalità è rappresentata da grassi insaturi. 
Il nostro corpo, in base alle necessità dei vari sistemi e apparati, è in grado di modificare strutturalmente i grassi assunti con la dieta e utilizzarli per la produzione di numerose sostanze, fondamentali per il corretto funzionamento e la regolazione di tutto l’organismo. 
Esiste tuttavia una classe di lipidi, chiamati acidi grassi “essenziali”, che il nostro organismo non è in grado di produrre a partire da altri grassi e che vanno quindi assunti attraverso gli alimenti: sono i grassi della serie omega-3 e omega-6. 


In riferimento a questa classe di lipidi, esistono degli intervalli di apporto giornaliero raccomandato molto ampi, che possono variare da 1 a 4 grammi al giorno, anche se il valore di riferimento più importante è il rapporto tra omega-3 e omega-6 che dovrebbe aggirarsi intorno a 1:5. 
Mentre gli acidi grassi omega-6 si ritrovano più o meno in tutti gli alimenti fonte di grassi, gli omega-3 sono assai più rari, infatti gli alimenti che ne contengono una quantità degna di nota sono veramente pochi; quindi per mantenere il rapporto tra omega-3 e omega-6 vicino a quello raccomandato è importante porre molta attenzione al consumo di alimenti fonte di omega-3. Le noci fanno parte della ristretta lista di alimenti ricchi di omega-3, con un contenuto di circa 6,2 grammi per 100 grammi di prodotto, ossia 1,9 grammi per una porzione da 30 grammi.  
Gli studi che hanno indagato gli effetti del consumo regolare di noci sulla salute sono numerosi e si possono suddividere in due grandi categorie: gli studi epidemiologici osservazionali, nei quali si indagano i consumi alimentari di grandi gruppi di persone, che sono seguite nel tempo per cercare eventuali correlazioni tra il tipo di dieta, e più in generale di stile di vita, e lo stato di salute; gli studi di intervento nutrizionale, effettuati generalmente su un campione di persone più piccolo, alle quali è somministrata una quantità nota di prodotto, in questo caso noci, per un breve periodo di tempo: durante la somministrazione si cercano eventuali modificazioni di marcatori biologici quali, per esempio, il colesterolo ematico. 
Tra le pubblicazioni più importanti in termini di persone coinvolte e di durata dello studio, per quanto riguarda le indagini epidemiologiche, non si può non citare il lavoro pubblicato dall’Harvard medical school di Boston nel 2013. In questo studio sono state analizzate le abitudini alimentari e lo stile di vita di circa 76.000 donne e 42.000 uomini; per circa 30 anni è stato monitorato il loro stato di salute e sono stati registrati tutti i decessi. I risultati ottenuti da questo studio sono sorprendenti in quanto non solo chi consumava noci aveva un rischio di mortalità minore in confronto a chi non le consumava, ma è emersa anche una relazione dose-risposta; infatti, confrontando le varie frequenze di consumo con chi non faceva uso di noci, è emerso un rischio diminuito di mortalità dell’11% per chi le consumava una volta alla settimana, fino a una diminuzione del rischio di mortalità del 20% per chi le consumava giornalmente. Ovviamente i risultati ottenuti dagli studi epidemiologici vanno interpretati in un quadro più ampio; per esempio, chi consuma regolarmente noci conduce generalmente uno stile di vita più salutare, mangia più frutta e verdura ed è fisicamente più attivo. Alla luce di questo, cosa si può comprendere? Che all’interno di uno stile di vita salutare, il consumo regolare di noci può contribuire alla diminuzione del rischio di mortalità. In particolare, dallo studio è emersa una correlazione inversa con il rischio di mortalità per cancro, malattie cardiache e respiratorie. Sempre grazie ai dati raccolti durante questa lunga indagine è stato possibile mettere in luce una relazione tra il consumo di noci e il rischio di incidenza di diabete. Solitamente il diabete non è una causa primaria di mortalità ma un fattore di rischio per patologie secondarie, anche fatali, quindi non era possibile comprenderlo nello studio precedente. Anche in questo caso emerge una correlazione inversa tra il consumo di noci e il rischio di diabete, con una relazione dose-risposta: chi consumava due o più porzioni di noci alla settimana aveva il 24% in meno di rischio di sviluppare diabete, se confrontato con chi non consuma noci. Arrivati a questo livello di evidenze scientifiche è importante comprendere attraverso quali meccanismi il consumo di noci sia in grado di abbassare il rischio di queste numerose malattie croniche. In questo caso vengono in aiuto gli studi di intervento nutrizionale, all’interno dei quali si valutano gli andamenti di specifici fattori di rischio. Per ottenere un quadro generale più affidabile sui risultati ottenuti finora dalla scienza è utile consultare le meta-analisi, ossia gli studi che analizzano numerosi interventi condotti in diversi laboratori, cercando di trovare i punti in comune tra i vari risultati ottenuti. Nel 2009 è stata pubblicata una meta-analisi che, dopo un’attenta selezione, ha confrontato i risultati di 13 studi di intervento nutrizionale che indagavano gli effetti del consumo regolare di noci. Da questa analisi è emerso che il consumo regolare di noci è in grado di diminuire non soltanto il colesterolo totale ma anche il colesterolo LDL, ossia quello più pericoloso per la salute cardiovascolare. Inoltre, studi sperimentali stanno evidenziando un probabile ruolo degli acidi grassi omega-3 nel miglioramento della sensibilità all’insulina, meccanismo che potrebbe spiegare il ruolo protettivo delle noci nei confronti del diabete. Uno dei più vasti studi di intervento nutrizionale svolto in questo ambito è lo studio Predmed (Prevención con dieta mediterránea), un trial multicentrico condotto in diverse zone della Spagna che ha coinvolto più di 7000 soggetti. I partecipanti, tutti accomunati da fattori di rischio cardiovascolari come ipercolesterolemia, ipertensione o sovrappeso/obesità, sono stati suddivisi in 3 gruppi e a ogni gruppo è stata consigliata una dieta particolare: un gruppo è stato invitato a seguire una dieta a ridotto contenuto di grassi (gruppo di controllo), un altro gruppo a seguire una dieta mediterranea ricca di olio extravergine d’oliva (fornito gratuitamente) e il terzo gruppo a seguire un dieta mediterranea ricca di noci (fornite gratuitamente). A 5 anni dall’inizio dello studio, i due gruppi che hanno seguito la dieta mediterranea ricca di olio o di noci hanno avuto il 30% in meno di eventi cardiovascolari, se confrontati con il gruppo di controllo.
Tutti questi effetti benefici riscontrati nelle diverse tipologie di studi scientifici effettuati, probabilmente non possono essere attribuiti al solo profilo lipidico delle noci; diverse banche dati, infatti, confermano un loro elevato contenuto di polifenoli, in particolare fitosteroli, attualmente molto studiati per il loro effetto ipocolesterolemizzante. 
Questo è molto importante per comprendere che gli alimenti sono composti non solo da macro e micronutrienti, ma anche da numerose altre molecole, tra cui i polifenoli, in diverse proporzioni, che agiscono sul nostro organismo in maniera sinergica e complementare, quindi con effetti difficili, se non impossibili, da riprodurre artificialmente attraverso integratori o supplementi. Inoltre, non bisogna dimenticare che l’alimentazione umana è composta da numerosi alimenti diversi, quindi per quanto un alimento possa risultare benefico per la salute, sarà la composizione globale della dieta a dettarne la sua salubrità. 
Per concludere, all’interno di un’alimentazione varia ed equilibrata, le linee guida nazionali e internazionali concordano nel considerare la frutta secca come un ottimo spuntino di metà mattina o metà pomeriggio, che può rientrare nelle 5 porzioni raccomandate al giorno di frutta e verdura. 


Nessun commento:

Posta un commento