domenica 26 novembre 2017

CACHI: 6 BUONI MOTIVI PER MANGIARLI



I cachi insieme a melograno e castagne sono i frutti tipici dell’autunno ma a differenza di questi altri, dato il loro sapore dolce e la consistenza un po' gelatinosa, è difficile che ci siano mezze misure o si odiano o si amano. Io faccio parte della seconda categoria.
E’ vero, sono frutti calorici e dunque non bisogna esagerare, ma un consumo moderato di questi frutti è consigliato, ecco perché:
1) Sono diuretici e rimineralizzanti: i cachi contengono una grande quantità d’acqua (circa l’80%) e molti sali minerali in particolare potassio. Ecco perché il consumo è consigliato a chi vuole depurarsi ma anche ad esempio agli sportivi che hanno bisogno di più riserve di sali minerali.
2) Contengono fibre: sono quindi un ottimo lassativo naturale. Il momento migliore per consumarli è la mattina a colazione, in questo modo si aiuta la peristalsi e andare in bagno sarà più semplice.

3) Sono super energetici. I cachi sono particolarmente ricchi di zuccheri e calorie, ideali quindi per chi ha bisogno di un po’ di sprint aggiuntivo per carburare meglio e in generale per chi è sotto stress o si sente sempre stanco (e questo capita spesso proprio nella stagione autunnale - la natura come sempre ci viene in aiuto!).
4) Contengono vitamina C. La quantità è variabile a seconda della maturazione del frutto, sempre meglio mangiarli quando sono belli maturi anche per evitare che allappino, ovvero che provochino quella fastidiosa sensazione astringente sul palato.
5) Sono ricchi in betacarotene. Come tutta la frutta e la verdura di color arancione, anche i cachi sono ricchi di questo nutriente, precursore della vitamina A, antiossidante, utile al sistema immunitario e al benessere della pelle.
6) Hanno virtù epatoprotettive, ovvero proteggono il fegato, ma sono anche ottimi per mantenere in buona salute stomaco e intestino, in particolare la flora batterica.
C’è però anche chi dovrebbe limitarne il consumo o meglio evitarli del tutto. Dato l’elevato contenuto di zuccheri, infatti, i cachi sono sconsigliati a chi soffre di diabete o di obesità. Un consumo molto limitato è invece concesso a chi è a dieta, sempre meglio togliersi la voglia di dolce consumando uno di questi frutti piuttosto che buttarsi su snack, merendine o altri dolci raffinati.

VERZA: LE STRAORDINARIE PROPRIETÀ NUTRIZIONALI E COME CUCINARLA PER MANTENERE I BENEFICI



La verza (Brassica oleracea sabauda), altrimenti detta cavolo verza (o anche cavolo di Milano), è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Crucifere, il che la rende molto simile, soprattutto nel sapore, al cavolo cappuccio. Molto ricca in vitamina A , vitamina C e K, la verza è ricca di proprietà nutrizionali. Quali sono? E come cucinarla al meglio?
A differenza del cavolo cappuccio, la verza ha foglie grinzose, croccanti e di grandi dimensioni, increspate e ricche di nervature sporgenti. La parte commestibile in questo caso è un cuore di foglie più chiare che forma una palla ben compatta.
La coltivazione più diffusa del cavolo verza è quella autunno-invernale al sud Italia, ma di ottime coltivazioni se ne trovano anche in Piemonte, in Lombardia, Trentino, in Veneto e in Emilia Romagna. In ogni caso, la coltivazione è molto diffusa perché fondamentalmente non ha bisogno di alcun particolare accorgimento ed è disponibile in due varietà: una matura per la raccolta e il consumo in inverno e una, un po' meno diffusa, per la raccolta in primavera e in estate (noti sono il “Precocissimo d’Asti” e il “salarite”).

Verza, proprietà nutrizionali e benefici

Il cavolo verza è un ortaggio davvero poco calorico e molto saziante: una porzione da 100 g apporta solo 27 kcal. La maggior parte dell’energia è data dai carboidrati, che costituiscono il 6% del peso, mentre le proteine ne formano solo il 2% e la quantità di grassi è quasi assente.
La verza contiene vitamina A, vitamina C, e vitamina K. In più, è ricca di sali minerali come il potassio, il ferro, il fosforo, il calcio e lo zolfo (al quale si deve il suo caratteristico odore durante la cottura), elementi indispensabili per la costituzione di cellule e tessuti e per l’idratazione cutanea.

I benefici della verza

In numerosi studi, si conferma la capacità della verza di essere un ortaggio:
  • diuretico, grazie al buon apporto di potassio e al minimo contenuto di sodio
  • antiossidante, grazie alle elevate quantità di vitamina E e C
  • stimolante dell’attività intestinale, grazie all'apporto di fibre
  • protettivo per la mucosa dello stomaco, grazie alla buona concentrazione di S-metilmetionina e glucosinolati, isotiocianiane antiinfiammatorie, polifenoli antiossidanti e glutamine
Inoltre, molte sono le ricerche che hanno dimostrato che il cavolo verza e gli altri ortaggi della famiglia delle crucifere sarebbero capaci di esercitare un’azione protettiva nei confronti dei tumori. Il merito sarebbe dei cosiddetti isotiocianati, sostanze in grado di stimolare le cellule a produrre alcuni bioenzimi efficaci nel contrastare la degenerazione del DNA, soprattutto a livello di bronchi e polmoni. E non solo: l’alto contenuto di sostanze antiossiddanti e di sulforafano renderebbe la verza utile nella prevenzione dei tumori dell’apparato digerente.
Anche il cavolo verza, così come in genere tutti gli ortaggi, è sempre meglio consumarlo crudo. In questo caso, per valorizzare il sapore e le caratteristiche nutritive, può bastare mangiarlo tagliato finemente e condito con olio extravergine di oliva e un pizzico di sale (se aggiungete un pizzico di semi di cumino è anche più digeribile).
Se decidete di cuocerlo, per il cavolo verza è sufficiente una cottura breve e a temperatura contenuta. È tuttavia da preferire la cottura al vapore oppure stufare la verza in padella, perché, essendo naturalmente ricca di fibra solubile, queste si disperderebbero nell’acqua di cottura se la verza fosse troppo bollita.
Per prevenire la degenerazione delle articolazioni, o nella cura di artriti e artrosi, provate una centrifuga del succo fresco di verza. Un paio di bicchieri di questo succo da integrare con succo di carota, possono alleviare il dolore delle articolazioni.
Infine, tra i rimedi della nonna rientra il decotto di foglie di verza, utile in caso di bronchiti e attacchi di asma, mentre l’acqua di cottura, ricca di zolfo, avrebbe effetti benefici nella di eczemi e infiammazioni.
 

Verza, come acquistarla e controindicazioni

Al reparto ortofrutticolo, al momento di scegliere una verza, tenete d'occhio il cespo, che deve essere sodo, e le foglie, che devono essere tutte integre, ben consistenti e turgide e di un colore verde acceso.
Sebbene sia adatta a tutti, la verza potrebbe essere controindicata per coloro che soffrano di ipotiroidismo o siano affetti dalla sindrome del colon irritabile.

mercoledì 22 novembre 2017

PISTACCHI E ARACHIDI MIGLIORANO LA MEMORIA E LE ABILITÀ COGNITIVE


La frutta secca fa bene e dovremmo mangiarne una manciatina ogni giorno. Sempre nuove ricerche confermano infatti i benefici delle tante varietà di semi oleosi tra cui i pistacchi e le arachidi in grado di migliorare la memoria e le abilità cognitive.
Un team di ricerca della Loma Linda University negli Stati Uniti ha scoperto che alcune noci hanno effetti benefici sulle frequenze cerebrali. Sebbene tutta la frutta secca agisca positivamente sul nostro corpo, in questo caso sarebbero in particolare i pistacchi e le arachidi che, se consumati regolarmente, migliorerebbero la salute del nostro cervello.
Per condurre l’esperimento, i ricercatori hanno preso sei varietà di frutta secca tra cui mandorle, pistacchi, noci, noci pecan, anacardi e arachidi. Sono stati effettuati poi, sui volontari che partecipavano alla ricerca, degli elettroencefalogrammi (EEG) per misurare la forza dei segnali delle onde cerebrali in seguito all’assunzione delle diverse varietà di alimenti.

Secondo i dati dello studio, i pistacchisarebbero in grado di produrre la più grande risposta di onde gamma, fondamentale per migliorare l'elaborazione cognitiva, la conservazione delle informazioni, l'apprendimento, la percezione e il rapido movimento degli occhi durante il sonno.
Le arachidi, invece, hanno prodotto la più alta risposta delta associata ad un'immunità sana, alla guarigione naturale e al sonno profondo.
Mangiare ogni giorno questi tipi di frutta secca, a detta degli esperti, potrebbe dunque potenziare la memoria, rallentare l’invecchiamento, ridurre l’infiammazione all’interno del corpo e migliorare le abilità cognitive delle persone.
Ciò sarebbe dovuto alla presenza in questi preziosi alimenti di acidi grassi essenziali e antiossidanti utili anche per rafforzare il sistema immunitario, aumentare il metabolismo e mantenere in buona salute il cuore.
Questo studio fornisce significativi risultati positivi dimostrando che la frutta secca è buona per il tuo cervello come lo è per il resto del corpo", ha dichiarato il professor Berk, ricercatore principale dello studio pubblicato sul FASEB Journal

Ricordiamoci dunque di inserire più spesso la frutta secca nella nostra alimentazione, un’ottima idea è quella di utilizzarla come spuntino di metà mattina o metà pomeriggio. Naturalmente sarebbe bene scegliere le varianti più naturali possibile, quindi ad esempio pistacchi e arachidi  senza l’aggiunta di sale, zucchero o altri ingredienti.

BEVANDE ZUCCHERATE: NE BASTANO DUE A SETTIMANA PER AUMENTARE IL RISCHIO DI DIABETE, ICTUS E MALATTIE CARDIACHE



Le bevande zuccherate di qualsiasi genere che siano gassate, succhi di frutta o altro non sono certo alleate della nostra salute. Ora un nuovo studio mette in relazione queste bibite all’aumentato rischio di ammalarsi di diabete tipo 2, malattie cardiache e ictus. E non servirebbero neppure dosi troppo alte, secondo gli esperti due a settimana sono già troppe!
E’ stato appurato da diverse ricerche che alti livelli di zuccheri non solo contribuiscono al rischio sovrappeso e obesità ma aumentano anche le probabilità di sviluppare il diabete di tipo 2 e la sindrome metabolica, una serie di condizioni che aumentano il rischio di malattie cardiache.
Il nuovo studio in proposito è stato condotto da un team guidato da Faadiel Essop, dell'Universita’ di Stellenbosch in Sud Africa, che ha effettuato una revisione di 36 studi epidemiologici compiuti nei 10 anni precedenti. I risultati ottenuti dall’indagine sono stati pubblicati sul Journal of the Endocrine Society.
Gli esperti hanno trovato ulteriori prove del legame tra consumo di bevande zuccherate e aumento di parametri come pressione sanguigna, trigliceridi, glicemia, grasso addominale e altro. Tutti fattori di rischio per la comparsa di problemi cardiovascolari oltre che per il diabete di tipo 2.
La situazione preoccupa soprattutto in quanto il consumo di queste bevande è frequente in grandi e piccini ed è in costante crescita un po' in tutto il mondo. Il problema riguarda anche i succhi di frutta in quanto, come ha sottolineato Essop, un conto è mangiare una mela e un conto è bere il succo:
"Quando si mangia una mela, oltre allo zucchero, ci sono un sacco di fibre e la sazietà si raggiunge meglio. Ma quando bevi un bicchiere di succo di mele stai ottenendo zucchero da tre o quattro mele e nessuna fibra. Questa è una dose molto più concentrata di zucchero che avrà ripercussioni sui livelli nel sangue"
Non è chiaro esattamente come queste bevande aumentino la probabilità della sindrome metabolica ma quello che si è visto è il risultato: due o più bevande zuccherate a settimana possono aumentare la circonferenza della vita, il peso, la pressione sanguigna, l’infiammazione all'interno del corpo e ridurre il colesterolo buono.
Vi è poi la questione della sensibilità all’insulina: lo studio ha evidenziato che gli individui che consumano bevande zuccherine per 10 settimane mostrano una diminuzione del 17% della sensibilità all'insulina.
Il professor Essop ha concluso che, visiti i risultati, vi è una chiara necessità di educare la popolazione agli effetti nocivi dell'eccesso di consumo di bevande zuccherate.

mercoledì 15 novembre 2017

La dieta ideale del bambino da 0 a 3 anni, secondo gli ambientalisti



Soltanto latte materno fino a 6 mesi. Dopo i 6 mesi poche proteine animali, preferendo carne bio e pesci piccoli locali. Fino ai 12 mesi niente sale, patate, pomodori, melanzane e peperoni. Fino ai 3 anni da eliminare: omogeneizzati e cibi industriali in generale (dunque anche snack e merendine), tisane zuccherate e zucchero bianco. Il vademecum sull'alimentazione del bambino è stato messo a punto dagli ambientalisti della onlus Vas e dalla Confederazione agricoltori italiani


Qual è l'alimentazione perfetta per bambini da 0 a 3 anni? Secondo gli ambientalisti, è quella che contempla il latte materno esclusivo fino a 6 mesi; che nel periodo dello svezzamento limita molto le proteine animali, privilegiando la carne bio e i pesci piccoli locali e che fino a 12 mesi esclude completamente l'uso di sale, patate, pomodori, melanzane e peperoni. Vietati inoltre fino a 3 anni gli omogeneizzati e i cibi industriali in generale, le tisane zuccherate e lo zucchero bianco.


Sono queste le linee guida contenute nel vademecum, distribuito sabato scorso nell'ambito della campagna Mangiasano in 20 piazze italiane, messo a punto dagli ambientalisti della onlus Vas e dagli agricoltori della Confederazione degli agricoltori italiani (Cia) per promuovere la sicurezza alimentare e un'agricoltura basata sulle biodiversità, sull’attenzione agli equilibri naturali e sull’equilibrio tra innovazione e tradizione. "Una dieta scorretta" sostengono gli ambientalisti "non solo fa aumentare il rischio di obesità, ma anche espone i piccolo a sostanze dannose alla salute".

1) Fino a 6 mesi soltanto il latte della mamma. Vietati cibi solidi e bevande

Solo ed esclusivamente latte materno, a richiesta. Non è necessario introdurre alcun cibo solido, né alcuna bevanda liquida. 

2) Durante lo svezzamento poche proteine animali, preferendo il bio e il cibo locale

Il bambino comincia a maturare, in questa fase, il sistema nervoso, gastroenterico e renale e pertanto può cominciare a ricevere alimenti solidi, senza interrompere l'allattamento (che può essere protratto con grandi benefici per mamma e bambino oltre i due anni di età).
In particolare, vengono consigliati:
frutta e verdure crude come allenamento per le gengive "sdentate". I bambini cominceranno a prendere confidenza con i sapori, senza doversi sfamare con tali cibi;
- verdure cotte, meglio al vapore;
legumi ben cotti, interi o schiacciati con un po' di pane o minestrina;
- pane con la crosta, per giocare o in ammollo con legumi e verdure;
- pasta, se grande, da tenere con le mani e succhiare, se piccola, da mangiare con il cucchiaino;
zuppe varie con diversi cereali, soprattutto in chicchi;
olio d'oliva, a crudo in piccole quantità.
Importante: non eccedere in proteine animali: yogurt e formaggi, carne e pesce, in piccoli pezzetti, controllando l'origine e preferendo carne bio e pesci piccoli locali.

3) Fino ai 12 mesi no al latte vaccino, pomodori, patate, melanzane, peperoni

Nei primi 12 mesi di vita da evitare il latte vaccino, perché ha nutrienti poco assimilabili. Yogurt, ricotta e formaggi sono più digeribili. Finché il bambino viene allattato, inoltre, non ha bisogno di altri tipi di latte. 
Inoltre gli ambientalisti dicono di evitare pomodoro, patata, melanzana, peperone perché appartenenti alla famiglia delle solanacee. La solanina è una sostanza tossica per il sistema nervoso.
Da evitare anche il miele perché potrebbe contenere spore di botulino.
Infine, per quanto riguarda il sale, secondo il vademecum ambientalista, non è necessario evitare di salare completamente le vivande del bambino, ma è importante creare buone abitudini alimentari usando per tutta la famiglia poco sale e preferendo altri insaporitori come erbe aromatiche.

4) No a cibi industriali, tisane zuccherate e zucchero bianco

Secondo gli ambientalisti, devono essere banditi:
- gli omogeneizzati perché costano di più, hanno una qualità inferiore rispetto agli alimenti freschi e abituano il palato del bambino a sapori e consistenze artificiali;
- analogo discorso per i cibi industriali in generale, come snack, dolciumi, scatolette, cibi pronti, ecc. perché abituano i bambini a sapori artificiali e perché contenenti spesso aromi, zucchero, sale e additivi (coloranti, conservanti, addensanti, stabilizzanti, edulcoranti, ecc);
- tisane zuccherate per i primi 6 mesi è sufficientemente dissetante il latte materno e dopo il sesto mese va benissimo l'acqua.
- sotto accusa anche lo zucchero bianco: oltre al "classico" problema della carie, dicono gli ambientalisti, lo zucchero bianco demineralizza l'organismo sottraendo calcio, vitamina B e magnesio ed espone ad alti rischi di diabete. L'alternativa: zucchero grezzo di canna, malto e miele.

5) Variare i cereali e prediligere i prodotti freschi, bio e locali

Il consiglio generale è di variare e usare il più possibile prodotti freschi. Ovvero fornire al bambino una dieta varia, ad esempio, nel caso dei cereali non limitarsi a cucinare, paste e pastine, ma variare con riso, avena, orzo, farro, mais, ecc.; prediligere sempre prodotti freschi, locali, biologici e non raffinati dall'industria, per garantire la salute dei bambini e dell'ambiente. Infine, seguire una dieta sana a livello familiare, perché l'esempio è la migliore scuola.

Svezzamento con la mela grattugiata, quando iniziare e le quantità giuste



La mela grattugiata è uno dei primi frutti che il bambino può assumere quando inizia lo svezzamento. Vediamo come e in quali quantità

Quando si può iniziare a svezzare il bebè con la mela grattugiata? In genere lo svezzamento, ovvero l'introduzione graduale nella dieta del neonato di alimenti diversi dal latte materno (o da quello artificiale), si situa tra i 4 e i sei mesi di età.
In questa delicata fase, è molto importante non solo stare attenti a non somministrare al bambino alimenti potenzialmente allergizzanti o troppo pesanti per il suo apparato digestivo ancora in formazione, ma anche badare ai gusti, alle preferenze del piccolo, per non traumatizzarlo precocemente con sapori inadatti al suo palato. 
Sappiamo infatti che molte "avversioni" gastronomiche cominciano proprio in tenerissima età, e che i nostri gusti si formano durante lo svezzamento. Detto questo, come tutte le mamme sanno bene, le prime pappe del bebè prevedono sempre anche la frutta, un cibo dolce che i neonati gradiscono sempre, o quasi.
Ad esempio la mela, come la banane, si presta ad essere introdotta praticamente subito nell'alimentazione del piccolo perché è digeribile, contiene fibre che fanno ben al suo pancino, non è acida e ha una polpa morbida che si presta ad essere grattugiata.
Ma esattamente, come e quando si può cominciare a proporre questo alimento al bebè? Come abbiamo visto, dai 4 mesi il bebè è già pronto per assaggiare questo ottimo frutto. Per quanto riguarda le modalità di somministrazione, sono molto semplici. Scegliete una buona mela biologica dolce e matura e grattugiatela tutta usando una grattugia di vetro (meglio evitare la plastica). Eventualmente potete anche cuocerla e ridurla in purea. Nella pappa versate anche il sughetto, che ha un gusto delizioso, e diluite con qualche goccia di limone che rende la mela ancora più digeribile.
Cercate di evitare gli omogeneizzati per questa prima fase, meglio che il bambino si abitui subito all'alimento fresco. La pappa alla mela grattugiata sarà una merenda meravigliosa e vedrete che il vostro neonato apprezzerà. Se, però, inizialmente dovesse manifestare avversione, non insistete, ma piuttosto cercate, giorno dopo giorno di far mangiare al piccolo qualche cucchiaino in più. Alla fine si abituerà e, anzi, gradirà i nuovi gusti. Se lo svezzamento inizia a 4 mesi potete dare la mela grattugiata al bebè (poche cucchiaiate), tra una poppata e l'altra.

Nodulo tiroideo: tutti i sintomi, le cause e le cure




Il nodulo tiroideo è costituito da un piccolo ammasso di cellule, che si forma alla base del collo. In genere si tratta di formazioni benigne e a volte possono essere l’inizio di un’evoluzione in un tumore maligno. Ecco perché il loro andamento va sempre monitorato nel tempo, per poter intervenire anche con la sua asportazione. Anche se siamo in presenza di un nodulo tiroideo benigno, i controlli medici non dovrebbero essere trascurati, anche per rintracciare le cause del problema. Specialmente vanno monitorati gli accrescimenti duri e rapidi.


Nodulo tiroideo: sintomi

sintomi del nodulo tiroideoconsistono soprattutto nella tachicardia, nel nervosismo e nell’agitazione, problemi dovuti ad un’eccessiva secrezione ormonale. Per prima cosa si avverte un gonfiore nella regione del collo nella quale è presente la tiroide e a tutto ciò si aggiunge un senso di compressione sull’esofago.
A volte, specialmente nel caso di noduli maligni, si presenta una certa difficoltà nella deglutizione e non mancano la raucedine e la tosse determinate dalla compressione della faringe.
Il quadro clinico possibile comprende anche un calo di peso e il manifestarsi di tremori accompagnati da brividi e diarrea.
Teniamo presente che ci può essere un nodulo tiroideo caldo e uno freddo. La differenza consiste nella “vitalità” della formazione cellulare. L’ammasso cellulare caldo produce ormoni tiroidei, quello freddo non funziona. Per capire se ci troviamo di fronte ad un nodulo caldo o freddo, bisogna eseguire la scintigrafia.
C’è anche un nodulo tiroideo vascolarizzato. Di solito ad una bassa vascolarizzazione corrisponde una formazione benigna; ad un’alta vascolarizzazione potrebbe corrispondere anche un carcinoma della tiroide. Ci sono anche casi in cui ci troviamo di fronte ad un nodulo tiroideo iperplastico, in genere un ammasso cellulare benigno.
A volte si può avere una composizione cellulare ipoecogena, quando la massa è piena di liquido.

Nodulo tiroideo: cause

Le cause del nodulo alla tiroide sono costituite soprattutto dalla familiarità e dalla genetica. Ci sono specifici motivi per cui si può incorrere nella patologia, come, ad esempio, l’essere stati esposti ad irradiazioni sul collo specialmente in età giovanile.
Ci sono anche possibili cause ambientali, che sono rappresentate soprattutto dal vivere in zone a carenza iodica. Non da trascurare sono i fattori di rischio, come per esempio il fumo.

Nodulo tiroideo: cure

Le cure per il nodulo tiroideo dipendono dalla sua natura. In caso di formazioni benigne si può ricorrere ad una terapia con iodio radioattivo 131 o a dei farmaci per la cura dell’ipertiroidismo. A volte può essere necessario all’asportazione chirurgica di un’area della ghiandola.
In genere il medico opta per un monitoraggio costante delle dimensioni e delle caratteristiche del nodulo, in associazione ad una terapia farmacologica.
L’intervento chirurgico si rende necessario quando i noduli causano disturbi o quando si è in presenza di un nodulo di carattere maligno. In quest’ultimo caso a volte è necessaria anche l’asportazione chirurgica della tiroide ed, eventualmente, anche dei linfonodi locali.
Per verificare di che natura è la formazione cellulare si ricorre all’aspirazione. In questo caso si parla di nodulo tiroideo agoaspirato, che serve per effettuare la biopsia.
Il nodulo alla tiroide può essere associato anche a delle infezioni. A volte queste ultime possono provocare un’infiammazione della tiroide, ossia una tiroidite. In questo caso sarà il medico a valutare quale trattamento terapeutico sarà meglio adottare per il paziente, non trascurando il monitoraggio continuo nel tempo, in modo da poter decidere la terapia per il gozzo alla tiroide.

Tiroide: sintomi e prevenzione di ipotiroidismo e ipertiroidismo



Cos’è la Tiroide?

La tiroide è una piccola ghiandola a forma di farfalla situata centralmente alla base del collo, davanti alla trachea. È una ghiandola endocrina, cioè deputata alla produzione di ormoni.
Gli ormoni tiroidei (T3 e T4) regolano numerose funzioni metaboliche del nostro organismo e sono inoltre importanti per il suo sviluppo perché influenzano l’accrescimento staturale, lo sviluppo del sistema nervoso centrale, la riproduzione, l’attività cardiaca e l’apparato gastrointestinale, la psiche, le ossa e la pelle.
Se la tiroide non funziona correttamente si incorre in patologie che hanno ripercussioni su tutto il corpo, sulla qualità della vita e sul benessere. I disturbi di questa ghiandola sono diversi e possono variare da quelli più innocui, come gli ingrossamenti non patologici, a quelli più gravi, come i tumori.
I disturbi tiroidei più diffusi sono quelli caratterizzati da una produzione anomala degli ormoni: se c’è un eccesso di ormoni si ha una condizione di ipertiroidismo, mentre se c’è un difetto si ha una condizione di ipotiroidismo.

Ipertiroidismo e ipotiroidismo

sintomi della tiroide affetta da disturbi sono diversi a seconda della condizione patologica.
L’ipertiroidismo comporta un’accelerazione del metabolismo e un conseguente dimagrimento, insonnia, nervosismo, un’elevata sensibilità al caldo, disturbi intestinali e unghie e capelli fragili.
L’ipotiroidismo comporta invece il rallentamento del metabolismo e l’aumento del peso, debolezza, stanchezza e difficoltà di concentrazione, un’elevata sensibilità al freddo, stipsi e unghie e capelli fragili.

Come Prevenire

Perché la tiroide possa funzionare correttamente è necessario che l’organismo disponga di adeguate quantità di iodio. Lo iodio è un oligoelemento essenziale presente nel nostro organismo in piccole quantità e soggetto a perdite quotidiane attraverso l’urina o il sudore.
È quindi molto importante assumere iodio attraverso l’alimentazione: utilizzando regolarmente le giuste quantità di sale iodato (cioè addizionato con una piccola quantità di iodio) si contribuisce al corretto funzionamento della ghiandola tiroidea.
Nell’ambito della prevenzione, è consigliabile eseguire periodicamente esami della tiroide. La diagnosi precoce di un disturbo della tiroide è indispensabile per intervenire tempestivamente con le terapie ed evitare conseguenze serie, come ad esempio ritardi nello sviluppo cerebrale e cognitivo dei bambini.
Eseguire esami del sangue specifici volti a testare il dosaggio degli ormoni tiroidei permette di evidenziare anomalie nell’attività della tiroide. Attraverso l’esame ecografico è invece possibile identificare e localizzare eventuali noduli non palpabili, segno di processi infiammatori o degenerativi o, nei casi più gravi, tumori.

Vitamina D: gli integratori di vitamina D aiutano a guarire dalle ustioni




Gli integratori della vitamina D possono contribuire a velocizzare il tempo necessario per la guarigione delle ustioni e aiutano a evitare cicatrici, suggerisce un nuovo studio.
La vitamina D è prodotta naturalmente nel corpo quando la pelle entra in contatto con il sole, si ritiene per proteggere il corpo da bruciature. Studi precedenti hanno dimostrato che gli integratori di vitamina D contribuiscono a ridurre l'infiammazione, l'arrossamento e il gonfiore dopo la scottatura solare e possono essere uno dei motivi per cui il corpo la produce.
Ora nuove ricerche dall'Università di Birmingham hanno rilevato come la vitamina D può anche aiutare a risolvere altri tipi di bruciature. La ricerca è stata presentata alla conferenza annuale Society for Endocrinology a Harrogate.

Vitamina D, un rimedio per le bruciature


I ricercatori hanno monitorato 38 pazienti che hanno subito gravi ustioni per un anno e hanno registrato i loro livelli di vitamina D.
Hanno scoperto che quelli con i più alti livelli di vitamina D hanno registrato  una migliore guarigione delle ferite, meno complicazioni e meno cicatrici.
Questo studio è il primo a studiare il ruolo della vitamina D nel recupero di lesioni da bruciature e suggerisce somministrare integratori di Vitamina D alle vittime di bruciature gravi come minori può essere un trattamento semplice e conveniente per migliorare la guarigione.

La carenza di vitamina D provoca una cattiva cicatrizzazione delle ustioni


Il professor Janet Lord dell'Institute of Inflammation & Aging a Birmingham, ha dichiarato: "I bassi livelli di vitamina D sono stati associati a risultati peggiori nei pazienti con ustioni, tra cui infezioni pericolose per la vita, mortalità e ritardata guarigione delle ferite. La carenza di vitamina D è stata anche associata a peggiori cicatrici, tuttavia i livelli di vitamina D sono qualcosa che generalmente i medici trascurano”.
E prosegue: "Le bruciature danneggiano i livelli di vitamina D, utilizzare integratori di vitamina D può essere un modo semplice, sicuro e conveniente per migliorare i risultati nei pazienti con ustioni, con un costo minimo il sistema sanitario".

Vitamina D, un antibatterico efficace contro le infezioni da ustioni 


I pazienti con ustioni severe sono ad alto rischio di infezione che possono portare a sepsi pericolosi per la vita. La vitamina D è nota per avere azioni antibatteriche che possono contribuire a combattere l'infezione e quindi aiutare nella guarigione delle ferite di pazienti con ustioni.
La riduzione dei livelli di vitamina D nei pazienti ustionati non è correlata alla gravità della bruciatura, ciò significa che i livelli di vitamina D possono anche diminuire a causa di infezioni minori dovute a bruciature, suggerendo così come l'assunzione di integratori di Vitamina D potrebbe anche aiutare le persone con ustioni modeste.

Vitamina D, i benefici: perché la vitamina D fa bene


Recenti studi hanno anche dimostrato che la vitamina D è fondamentale per il sistema immunitario, può proteggere contro le malattie cardiache, l'asma e l'influenza e può anche aiutare a combattere la depressione e persino il cancro.

Alcol e cancro: il consumo moderato di alcol aumenta il rischio tumori




Alcol e cancro: anche i cocktail leggeri possono aumentare il rischio di cancro


Bere alcol aumenta il rischio cancro, anche se si tratta di cocktail leggeri, a dirlo è The American Society of Clinical Oncology (ASCO), l’organizzazione che rappresenta molti dei principali oncologi americani
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Il consumo di alcol è un fattore di rischio per diversi tumori maligni tuttavia è un fattore di rischio cancro potenzialmente modificabile. È questo ciò che l’ASCO ha dichiarato sul Journal of Clinical Oncology. I medici dimostrano che il bere leggero può leggermente aumentare il rischio di un cancro al seno e aumentare anche il rischio di cancro all’esofageo.

Chi assume alcol in maniera pesante ha rischi molto più alti di sviluppare il cancro della bocca, il cancro alla gola, il cancro alla laringe, il cancro al fegato e, in misura minore, il tumori del colon-retto, avvertono i medici
“Il messaggio non è Non bere. Se vuoi ridurre il rischio di cancro, bevi meno. E se non bevi, non iniziare", ha detto il dottoressa Noelle LoConte, professore associato all'Università di Wisconsin-Madison e autore principale del documento ASCO. "È diverso dal tabacco dove diciamo Non fumare mai. Non iniziare. Questo è un po' più sottile".
Altri gruppi medici hanno citato l’alcol come possibile causa di cancro. Ma questa è la prima volta che l’ASCO prende una posizione.
Il vizio del bere è in aumento negli Stati Uniti, e interessa tutti i segmenti della società, comprese le donne, gli anziani, le minoranze etniche. Eppure pochi adulti, quando richiesto, identificano il consumo di alcol come un fattore di rischio per il cancro, anche se la maggioranza è consapevole di altri fattori di rischio cancro, come il fumo e l'esposizione al sole.

Alcol e cancro: l’alcool collegato allo sviluppo di diversi tumori principali


Per giungere a tale dichiarazione, i ricercatori ASCO hanno esaminato studi pubblicati precedentemente e hanno concluso  il 5,5% di tutti i nuovi tumori e il 5,8% di tutte le morti dovute a tumore in tutto il mondo potrebbero essere attribuiti all'alcool. Il documento ha dichiarato chiaramente che l'alcool svolge un ruolo causale nei tumori della gola, nel cancro alla laringe, nel cancro al fegato e nel cancro al colon, così come il carcinoma delle cellule squamose esofagee e, nelle donne, il cancro al seno.

Alcol e cancro: un drink al giorno aumenta il rischio di cancro al seno


Per le donne, una sola bevanda alcolica al giorno può aumentare il rischio di cancro al seno, secondo un rapporto pubblicato a maggio dall’American Institute for Cancer Research e dal World Cancer Research Fund, citato da ASCO. Quella relazione ha analizzato 119 studi, inclusi i dati su 12 milioni di donne e oltre un quarto di un milione di casi di cancro al seno e ha concluso che vi era una forte evidenza del fatto che il consumo di alcol aumenta il rischio di cancro pre e post - menopausa e che bere un bicchiere di vino o birra ogni giorno - circa 10 grammi di alcool - aumenta il rischio di cancro al seno in premenopausa del 5% e del 9% in postmenopausa.
"Quanto più bevi, maggiore è il rischio", ha detto il dottor Clifford A. Hudis, l'amministratore delegato di ASCO. "È una risposta piuttosto lineare."
Anche coloro che bevono alcolici moderatamente, ovvero un drink al giorno per le donne e due per gli uomini, affrontano quasi un raddoppio del rischio cancro della bocca e della gola e più che raddoppio  il rischio cancro all’esofago, rispetto a chi non beve alcolici. I bevitori moderati hanno anche rischi elevati per i tumori alla laringe, del cancro al seno nelle donne e dei tumori del colon-retto.