venerdì 21 luglio 2017

Come abbronzarsi senza invecchiare la pelle




Lo chiamano “invecchiamento da tintarella”. Quando l’abbronzatura è “selvaggia”, senza protezioni, indiscriminata, la conseguenza per la pelle è molto negativa. Spuntano rughe e macchie, lentiggini e rilassamenti cutanei. E, con buona pace di chi crede di sembrare più sano e in salute, il nostro look invecchia decisamente.
Consigli anti invecchiamento
“I raggi ultravioletti sono causa di un danno cutaneo che si chiama photoaging. E si manifesta con la comparsa di rughe sottili ai lati degli occhi e della bocca, capillari sul naso e sugli zigomi, lentiggini e macchie e, infine, con un rilassamento cutaneo chiamato elastosi solare. Le zone più colpite sono le piu fotoesposte come la faccia, il collo e il décolleté, il dorso delle mani”. Parola di Mario Bellioni Businco, dirigente di Chirugia Plastica ricostruttiva ed estetica dell´ospedale San Giovanni di Roma, che spiega ai patiti della tintarella come abbronzarsi senza invecchiare la pelle.
Ma allora quali sono i consigli anti invecchiamento per chi non vuole rinunciare all´abbronzatura? “Innanzi tutto”, raccomanda l´esperto, “scegliere le creme idratanti migliori. L´idratazione ultra-profonda è data ad esempio da creme a base di acido lattobionico o di gluconolattone. A queste occorre associare una crema antiossidante a base di acido lipoico. È importante mettere piccole quantità di crema ogni volta, ripetendo l´operazione più volte durante la giornata”. Contro le macchie occorre poi una protezione solare mirata.
Se il danno alla pelle è già avvenuto
Per chi porta su di sé i danni di un eccesso di sole, niente paura: esistono rimedi ad hoc. “Le rughe e la perdita di tono cutaneo possono essere corretti con infiltrazioni ambulatoriali di acido ialuronico, arricchito da vitamine e aminoacidi. Lo strato più superficiale della pelle fotodanneggiata”, prosegue l´esperto, “può essere sostituito da cellule sane mediante alcune sedute di peeling chimico ad azione esfoliante. E i capillari sulle gambe possono essere trattati con la scleroterapia”.
Se invece la flaccidità cutanea delle palpebre e delle guance risulta eccessiva, “una condizione che prende il nome di elastosi solare, si ricorre a una piccola operazione di chirurgia estetica, come la blefaroplastica o il mini-lift”.

L’anguria



Se c’è un frutto, tipico dell’estate, che può essere a pieno titolo definito “amico di ogni dieta”, quello è l’anguria. Che lo chiamiate anguria o cocomero, parliamo di un vero principe dell’alimentazione sana: con le sue pochissime calorie (16 per 100 g), con la totale assenza di grassi e i pochissimi zuccheri che contiene, non potreste trovare di meglio, se state seguendo una dieta per perdere peso o evitare il sovrappeso.
Dolce nonostante pochissimi zuccheri
Avete letto bene: pochissimi zuccheri. Da cosa proviene, allora, il suo tipico sapore dolce? Non dai glucidi (cioè dagli zuccheri, presenti solo con 3,70 g ogni 100 g), ma da sostanze aromatiche naturali che danno anche un senso di sazietà.

Dissetante grazie a tanta acqua
C’è poi un altro vantaggio nel mangiare una fetta fredda di cocomero. Quale? Quando fa molto caldo, non c’è frutto in natura che disseti di più: l’anguria possiede infatti la più alta percentuale di acqua, il 95%.
Un’unica raccomandazione: meglio non ingoiare i semi, perché contengono sostanze che hanno forti effetti lassativi e possono creare problemi di digestione.

Come si sceglie l’anguria
Forse l’avrete visto fare da quelli più esperti di voi, date colpetti alla scorza del cocomero con le nocche delle dita: più il rumore è profondo, più il frutto è maturo. Se avrete la fortuna di trovarne uno già tagliato a metà, verificate che la polpa non presenti strisce bianche e semi chiari perché significa che non è maturo.

Un trucco pro dieta
Un segreto? Provate a mangiarne una fetta prima di mettervi a tavola: vedrete che il vostro appetito diminuirà e sarete tentati a mangiare di meno.

Il disturbo da alimentazione incontrollata



Il disturbo da alimentazione incontrollata (che in inglese viene definito “Binge Eating Disorder”) è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato dalla presenza di costanti perdite di controllo alimentare durante cui una persona mangia grandi quantità di cibo, spesso ipercalorico.
In sostanza, chi viene colpito da questo problema perde il controllo di sé e va avanti per ore ingurgitando cibo, da solo e con grande voracità. In alcuni casi le abbuffate possono presentarsi anche di notte.
Quante persone colpisce il Binge Eating Disorder
Secondo gli studiosi H.W. Hoek e D. Van Hoeken, in accordo con una review molto accurata sull’epidemiologia del Disturbo da Alimentazione Incontrollata condotta da R.H. Striegel-Moore e D.L. Franko, la prevalenza di questo disturbo raggiunge l’1% circa nella popolazione generale, sia maschile che femminile.
Il rapporto con l’obesità
Chi soffre di disturbo da alimentazione incontrollata (o Binge Eating Disorder) diventa molto spesso – anche se non sempre – obeso. Non solo, ma può presentare caratteristiche oscillazioni del peso corporeo anche molto ampie.
Si calcola che una percentuale compresa tra il 30 e il 50% degli obesi che si rivolge a un medico o a un centro specializzato per il trattamento dell’obesità, in realtà presenti un disturbo da alimentazione incontrollata.
Ma è malato davvero solo chi ha due attacchi di fame violenta alla settimana per almeno sei mesi.
Le diete non servono
I ripetuti tentativi di gestire la situazione con diete ipocaloriche (soprattutto se molto rigide), anziché essere di aiuto, peggiorano l’andamento del disturbo: aumentano infatti la frequenza e la gravità delle abbuffate, con evidenti conseguenze negative sul peso.
Come si riconosce il disturbo da alimentazione incontrollata
Quali sono i criteri diagnostici, cioè i segnali attraverso cui il medico può individuare che siamo in presenza di Binge Eating Disorder? Vediamo quelli principali:
1) Mangiare in un periodo di tempo un quantitativo di cibo chiaramente più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili; contestuale sensazione di perdere il controllo nel mangiare.
2) Avvertire un profondo disagio nei confronti di questo mangiare incontrollato.
3) La presenza di almeno 3 dei seguenti sintomi:
Mangiare molto più rapidamente del normale;
Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni;
Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati;
Mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando;
Sentirsi disgustato verso se stesso, depresso, o molto in colpa dopo le abbuffate.
Le differenze con la bulimia nervosa
A differenza di chi soffre di bulimia, il malato di Binge Eating Disorder non si autoinduce il vomito e non cerca di compensare l’abbuffata, nonostante sia disgustato dal proprio comportamento e abbia un forte senso di colpa.

Pasta integrale




È il tipo di pasta perfetto per chi ha bisogno di apportare all’organismo un alto livello di fibre alimentari. Dunque, per esempio, tutti coloro che hanno problemi di intestino pigro. Sì, perché la pasta integrale – pasta di semola arricchita con crusca e fibra di grano – ha proprio questa caratteristica: garantire un’alta quantità di fibre.
Le caratteristiche della pasta integrale
In commercio si trovano due tipi di pasta scura:
1) quella “tipo integrale” è preparata con normale semola di grano duro raffinata cui viene aggiunta crusca. Si tratta di un prodotto classificato come dietetico, in quanto viene addizionato di sali di ferro e vitamine, in genere del gruppo B.
2) quella prodotta con farine integrali di grano duro, ricavate cioè dalla semplice macinazione del chicco senza raffinazione né aggiunte. In virtù di una vecchia normativa che considera “vera” pasta solo quella ricavata da semola raffinata, questi prodotti non possono essere venduti sotto il nome di “pasta integrale”, ma solo con nomi di fantasia: per esempio “preparato integrale similpasta”, “prodotto di semolato integrale di grano duro”.
Le proprietà nutrizionali
In 100 g di pasta integrale ci sono 6 g di fibre, che equivalgono a circa il 20% della dose giornaliera raccomandata dai nutrizionisti. La pasta integrale è inoltre un po’ più ricca di lipidi e povera di carboidrati rispetto alla normale pasta di semola.
Rispetto alla pasta “tradizionale”, cioè quella bianca, la pasta integrale è più ricca di fibre indigeribili, ma contiene anche una piccolissima quantità di grassi. Tuttavia le calorie sono più o meno le stesse: tra 355 e 370.
Attenzione, però: la pasta integrale assorbe molto sugo e molto condimento in generale. Di conseguenza, se questo è stato preparato con molti grassi, rischiate che il totale delle calorie salga molto più che quando usate la pasta “bianca”. Ecco perché, quando si usa la pasta integrale, è meglio abbinarla a salse a base di verdure non troppo condite con grassi. Che del resto sono quelle con cui il gusto integrale va più d’accordo.
Il vantaggio della pasta integrale
Dal punto di vista delle calorie, dunque, mangiare pasta integrale non rappresenta un vantaggio rispetto alla pasta tradizionale. Tuttavia bisogna tenere presente il vero aspetto positivo della pasta integrale: le fibre che contiene causano un senso di sazietà, molto utile specie per chi segue una dieta. Un effetto non immediato, ma a medio termine: gonfiandosi durante la digestione, mantengono sazi più a lungo e quindi ritardano la ricomparsa dello stimolo della fame.
Le controindicazioni della pasta integrale
Le fibre alimentari fanno bene all’organismo, è vero; ma è importante non esagerare con le dosi, perché troppe fibre potrebbero ostacolare l’assorbimento di sali minerali importanti per l’organismo, come il calcio e il ferro.

giovedì 6 luglio 2017

Epatite A, l'Italia tra i Paesi europei con il maggior aumento di casi



L'Italia, assieme alla Spagna, è il Paese europeo in cui, da circa un anno, c'è stato il maggior incremento di casi di epatite A. Da giugno 2016, fa sapere il Centro europeo per la Prevenzione e il controllo delle malattie, sono stati confermati 1173 casi in 15 Paesi dell'Unione europea. Tra le categorie di persone più interessate dall'epidemia c'è quella degli “uomini che hanno rapporti sessuali con uomini”
Secondo i dati dell'Istituto superiore di Sanità, da agosto 2016 a febbraio 2017 sono stati segnalati 583 casi, quasi 5 volte il numero di contagi registrato nello stesso periodo dell’anno precedente. L'incidenza è pari a 2,2 casi ogni 100 mila anni-persona mentre l'età mediana è di 34 anni. Nell'85% dei casi si tratta di uomini. Una quota di poco superiore al 60% dei casi registrati ha dichiarato preferenze omosessuali. 

I dati – fanno sapere gli esperti dell'istituto – potrebbero essere rivisti al rialzo dal momento che i dati nazionali e regionali di gennaio e febbraio 2017 sono ancora provvisori. 
 L'allarme sull'epidemia di epatite A è stato lanciato dal Centro europeo per la Prevenzione e il controllo delle malattie all'avvio della stagione del Pride, con le manifestazioni in difesa e per il riconoscimento della comunità LGBTI. Alla luce dei dati sui contagi è stata sottolineata l'importanza della vaccinazione e della prevenzione per evitare nuove infezioni: “L'ulteriore trasmissione del virus può essere prevenuta con la vaccinazione degli uomini che fanno sesso con gli uomini e con la profilassi post esposizione tra i contatti delle persone già contagiate”, ha detto il direttore dell'agenzia europea Andrea Ammon.   
 Sulla stessa posizione l'istituto italiano che ha ribadito come la vaccinazione sia fortemente raccomandata per gli “uomini che fanno sesso con uomini” e che sia necessario promuovere un’offerta attiva e gratuita della vaccinazione contro l’epatite A (o se necessario utilizzare vaccini combinati contro l’epatite A e B).  
L'Italia, però, è tra i Paesi che devono fare i conti con la carenza di vaccini per l'epatite A, ricorda sempre l'agenzia europea.


Anemia da carenza di ferro, il ruolo della dieta




Il ferro è un minerale fondamentale per la salute dell'organismo. Gioca un ruolo essenziale per la sintesi dell'emoglobina (la proteina contenuta nei globuli rossi deputata al trasporto dell'ossigenti) e partecipa al metabolismo cellulare. La sua carenza è all'origine di una forma particolare di anemia, l'anemia sideropenica, caratterizzata da una riduzione dei livelli di emoglobina nel sangue.  

Questa condizione può essere il sintomo di altre patologie, come ad esempio la celiachia, e può manifestarsi a seguito di significative croniche perdite di sangue come nel caso di flussi mestruali abbondanti. La carenza di ferro può derivare anche da una dieta in cui il consumo di alimenti contenenti questo minerale è scarso.  

In alcuni casi di anemia anche l'alimentazione può contribuire a riportare i livelli di ferro nella norma. Quali sono i cibi che ne contengono di più? Certamente la carne rossa, ma anche i legumi come le lenticchie e la verdura a foglia verde: spinaci, broccoli, lattuga, rucola, radicchio, indivia belga.  

Attenzione, però, anche a un altro micronutriente, la vitamina C. L'acido ascorbico contribuisce infatti all'assorbimento del ferro e per questo è importante non farsi mancare in tavola alimenti che ne sono ricchi: agrumi, fragole, kiwi, broccoli, pomodori. 

Oltre al ferro anche altre due vitamine possono essere coinvolte nell'insorgenza dell'anemia. Sono la vitamina B12 e l'acido folico necessari per la produzione dei globuli rossi. Per quanto riguarda la vitamina B12, alcune persone, nonostante un adeguato consumo di alimenti che la contengono, possono non essere in grado di assorbirla: in questo caso si parla di anemia perniciosa. Dove trovare questi micronutrienti? La vitamina B12 è presente nella carne, nei latticini, nel fegato, nel pesce mentre l'acido folico e i folati si trovano nella verdura a foglia verde, nei fagioli e nei piselli, ad esempio.

sabato 1 luglio 2017

10 alimenti per trattare l’ipotiroidismo




L'ipotiroidismo rallenta il metabolismo, per cui chi ne soffre ha più difficoltà nel perdere peso. A causa di esso, inoltre, si tende a soffrire di ritenzione idrica

L’ipotiroidismo è un problema che influisce sul funzionamento della ghiandola tiroidea e che possiamo regolare assumendo regolarmente alcuni alimenti.

Cos’è l’ipotiroidismo?

L’ipotiroidismo è una malattia che riguarda più le donne che gli uomini e che è caratterizzata dalla riduzione della funzione della ghiandola tiroidea, ubicata nella parte anteriore del collo.
Questo causa una riduzione della secrezione degli ormoni tiroidei e provoca sintomi quali:
  • Riduzione del metabolismo basale, che si incarica del consumo energetico.
  • Stanchezza e sfinimento.
  • Sensibilità al freddo.
  • Maggiore propensione ad ingrassare o grande difficoltà nel perdere peso. Si può accumulare grasso sul mento, sui fianchi o sulle cosce.
  • Alterazioni mestruali.
  • Voce grave e roca.
  • Disturbi del sonno.
  • Capelli e pelle secca.
  • Ritenzione idrica
  • Stitichezza.
  • Osteoporosi.
Come curiosità, vogliamo informarvi che esiste un sintomo per rendersi conto se si è predisposti a soffrire di ipotiroidismo.
Alcune persone non presentano peli nella zona esterna delle ciglia. Questo può indicare una predisposizione o fase iniziale di questo problema.

Può essere curato con l’alimentazione?

Non si può affermare che l’alimentazione curi l’ipotiroidismo. Ciò nonostante, una dieta sana e mirata può aiutare a prevenire questo problema, così come a ridurne i sintomi quando già se ne soffre.
Può aiutarci a tal punto da non dover assumere medicinali, soprattutto se in fase iniziale.

Alimenti benefici

1. Olio di cocco

L’olio di cocco extra vergine è un grasso saturo ricco di trigliceridi a catena media.
  • Questi nutrienti sono in grado di accelerare il metabolismo e facilitare la perdita di peso, due problemi principali per chi soffre di ipotiroidismo.
  • Possiamo assumerne due cucchiai al giorno (30 grammi), uno di mattina a digiuno e uno di sera, prima di andare a dormire.

2. Alghe

Molti casi di ipotiroidismo sono dovuti ad una mancanza di iodio, per cui assumere alimenti ricchi di questo nutriente può aiutare a stare meglio.
  • Le alghe marine sono ricche di iodio, soprattutto quelle fucus. 
  • È fondamentale consultare il medico prima di assumerle in modo da non eccedere nelle quantità di iodio.

3. Peperoncino di cayenna

Il peperoncino di cayenna è un eccellente attivatore naturale del metabolismo che, inoltre, incrementa la temperatura corporea.
  • Può aiutarci anche ad alleviare sintomi come la stitichezza e i dolori articolari.
  • Per evitare disturbi digestivi, dobbiamo aggiungere il peperoncino di cayenna alla nostra dieta in maniera progressiva.

4. Zenzero

Lo zenzero è una spezia rinfrescante ed aromatica che aiuta ad accelerare il metabolismo e a combattere la ritenzione idrica, altro sintomo abituale quando la tiroide non funziona in modo corretto.
Questa radice aumenta anche la temperatura corporea, dunque è utile per le persone che hanno sempre freddo.

5. Acqua di mare

L’acqua di mare è, come il sale marino e le alghe, un alimento ricco di minerali e oligoelementi. Non solo apporta iodio, ma agisce inoltre come un eccellente integratore di minerali.    
L’acqua di mare non provoca ritenzione idrica, al contrario del sale.

6. Pistacchio

Il pistacchio è tra la frutta secca più indicata per combattere l’ipotiroidismo grazie al suo elevato contenuto di minerali, soprattutto di iodio.      

7. Aglio

L’aglio è un alimento che stimola il nostro organismo grazie ai suoi numerosi componenti. È uno dei migliori rimedi per le persone freddolose, stanche e deboli.     

8. Finocchio

Il finocchio agisce come regolatore ormonale, poiché stimola la produzione di ormoni. Possiamo assumerlo al naturale o come tisana.

9. Ginseng

Il ginseng è un potente stimolante naturale che ci aiuta ad attivare il metabolismo e a perdere peso.
Possiamo assumerlo in determinate stagioni, interrompendo ogni tanto, sotto forma di tisana o come integratore.

10. Sesamo

La tiroide ha il compito di produrre calcitonina, un ormone che ci permette di assimilare il calcio. Per questo motivo, le persone che soffrono di ipotiroidismo possono presentare carenze di questo minerale e problemi come l’osteoporosi.
Assumere il sesamo, ovvero semi ricchi di calcio, aiuterà a prevenire questa carenza nutritiva.

Estate, 13 regole per il benessere degli occhi




Gli occhi? Spesso li trascuriamo, dimentichiamo di proteggerli, coccolarli, prestare attenzione ai segnali che ci mandano. E così finisce che degli occhi e del loro benessere – indispensabile per il nostro organismo – finiamo per accorgerci quando è troppo tardi. Risultato: estate rovinata.
Come proteggere la vista nella bella stagione? Il chirurgo oculista Jean Marc Vergati suggerisce 13 regole facili e utilissime.

1) Se vi capita di soffrire di mal d’auto e siete costretti a ricorrere, ad esempio, ai cerotti che si applicano sul collo e si vendono in farmacia, state attenti a un particolare effetto collaterale come la pupilla dilatata: avvertite sempre il medico a cui vi rivolgerete che avete utilizzato questo cerotto.
2) In montagna e al mare, attenti al sole eccessivo: potrebbe causare una cheratite attinica, ovvero un’infiammazione della cornea.
3) Non dimenticate che più sole si traduce in più rughe e occhiaie invernali.
4) Vento e sole, ma anche le allergie, acutizzeranno il cosiddetto occhio secco e gli occhi arrossati.
5) Il sole eccessivo potrebbe accentuare la cataratta e la degenerazione maculare.
6) Attenzione agli insetti: la puntura di una processionaria incontrata in una pineta potrebbe farvi incorrere in gravi cheratiti. Il consiglio è di rivolgersi subito al pronto soccorso.