lunedì 29 dicembre 2014

Allerta pesce palla : e' pericoloso per l'uomo



Occhio al "pesce palla": non va assolutamente mangiato. Sono sempre più numerosi, infatti, i pescatori italiani che ne hanno catturato un esemplare. Il problema è che la carne del "Lagocephalus sceleratus" contiene una tossina mortale (tetradotossina) che porta alla paralisi del sistema respiratorio.
L'allerta, a dire il vero, era stata lanciata già l'anno scorso dallo "Sportello dei Diritti" già l'anno scorso dallo "Sportello dei Diritti", per la precisione il 16 novembre 2013, a seguito della pesca nelle acque nostrane di un pesce apparentemente innocuo, ma le cui carni sono velenosissime e pericolose per l'uomo: era proprio il Lagocephalus sceleratus, una specie di pesce palla che si sta diffondendo anche nel mar Mediterraneo.
La specie, dopo essere passata dal Mar Rosso dov'è originaria attraverso il canale di Suez, ha fatto capolino in Grecia, passando per Israele, Rodi, la Turchia ed era arrivata sino alle acque siciliane, dove era stata pescata l'autunno dello scorso anno presso Lampedusa.
Non appena rinvenutoa dai pescatori siciliani, l'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ne ha dato notizia alle autorità sanitarie per il tramite di una nota con la quale ha segnalato alle Asl la presenza del vertebrato nelle acque nostrane.
Ora, anche l'Istituto oceanografico di Spalato ha lanciato lo stesso allarme: anche in Alto Adriatico è arrivato il "Lagocephalus sceleratus", detto anche pesce palla argenteo. Si tratta quindi di una conferma, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", che latropicalizzazione delle nostre acque sta favorendo la diffusione di numerose specie di pesci esotiche di cui alcune pericolose come quella in questione.

"Per tali ragioni, è doveroso mettere in guardia i cittadini e i pescatori a non mangiarlo in caso di eventuale cattura. Sottovalutare tale evento potrebbe portare, infatti, a conseguenze dannose per la salute, giacché le carni di questo tipo di pesce sono altamente tossiche anche dopo la cottura, e consumi occasionali hanno già causato alcuni decessi in altri Paesi del bacino del Mediterraneo", conclude l'associazione.




La rivincita del burro. Meglio i grassi dei carboidrati?



Un recente studio dell’Università di Cambridge pubblicato sul Time riabilita il ruolo dei grassi saturi nella nostra alimentazione. Ma l’esperto avvisa: ci vuole buonsenso

Gli amanti della colazione a pane, burro e marmellata possono tirare un sospiro di sollievo (almeno per ora). Merito del Time, che ha dedicato uno degli ultimi numeri alla riabilitazione deigrassi saturi, con tanto di copertina dal titolo provocatorio: “Eat Butter”, e ricciolo di burro in evidenza. “Sappiamo già – si legge poi nell’articolo interno – che i grassi buoni (gli Omega 3) contenuti nelle olive o nel pesce possono proteggerci dalle malattie cardiache. Adesso sta diventando chiaro che anche i grassi saturi presenti in una bistecca, in un pezzo di formaggio o in un panetto di burro possono avere sul corpo un effetto più positivo di quanto si è sostenuto fin’ora”.
A sostegno dell’ipotesi il Time cita un recente studio dell’Università di Cambridge, che ha passato in rassegna 80 ricerche su oltre 500 mila persone. I ricercatori sono giunti alla conclusione che i grassi saturi non aumentano il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari. Anzi: una dieta troppo povera di grassi saturi produrrebbe il contrario dell’effetto sperato. Lo dimostrerebbe il fatto che anche dove i grassi sono stati ridotti nell’alimentazione della popolazione, come è avvenuto negli Stati Uniti, l’obesità, come la mortalità per infarto, è aumentata. Sotto accusa, invece, i carboidrati e gli zuccheri. Sarebbero loro, infatti, “a danneggiare maggiormente il cuore e l’apparato cardiocircolatorio perché contengono più particelle che possono ostruire le arterie di quanto non facciano i grassi, saturi o insaturi”, sostengono gli autori della ricerca.
Quanto c’è di vero? Moda, teorie nuove, studi portano a beatificare alcuni prodotti e a demonizzarne altri, dando informazioni spesso discordanti tra loro. E mentre le ricerche fanno progressi, c’è chi si sente sempre più confuso: «Nel 1984 il Time proponeva una copertina molto simile a questa, con la differenza che il burro veniva bollato come pericolo numero uno della bilancia e del cuore», commenta Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca del  CRA-NUT, il Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione del CRA. La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: «Era sbagliato allora additare il burro come responsabile di tutti i mali, è sbagliato adesso incoraggiarne il consumo. Nel complesso i grassi saturi non dovrebbero superare il 10% delle calorie giornaliere raccomandate e vanno consumati preferibilmente crudi. Solo a patto che se ne faccia un uso equilibrato e senza eccessi possono avere un effetto neutro (ma non protettivo) nei confronti delle malattie del cuore».

lunedì 22 dicembre 2014

Etichette alimentari: ecco cosa cambia da domani. Finalmente obbligo dicitura dell'olio di palma



Cambiano le regole europee per le etichettature alimentari. La dicitura "oli vegetali" non basterà più. Alcune aziende hanno già iniziato ad adeguarsi negli ultimi tempi, ma d'ora in poi sarà obbligatorio indicare sulle etichette dei prodotti alimentari le tipologie di olio che fino a questo momento si nascondevano dietro l'indicazione "oli vegetali", olio di palma compreso.


I consumatori hanno il pieno diritto di conoscere alla perfezione gli ingredienti presenti nei prodotti alimentari confezionati. L'olio di palma è molto diffuso nell'industria alimentare. Si tratta di un olio a basso costo utilizzato soprattutto per la preparazione di margarine, creme spalmabili e prodotti da forno sia dolci che salati, compresi biscotti, grissini e merendine, soltanto per fare qualche esempio.
Si teme che il consumo eccessivo di olio di palma, in particolare sotto forma di grasso idrogenato, possa causare problemi per la salute. I consumatori devono dunque essere informati sulla sua presenza negli alimenti confezionati, così che possano compiere una scelta consapevole. L'olio di palma viene utilizzato anche per la realizzazione di alcuni prodotti biologici.
Gli italiani si stanno dimostrando sempre più attenti non solo alle tematiche legate all'alimentazione sana, ma anche alle questioni etiche. La produzione di olio di palma su larga scala sta causandodeforestazione, perdita degli habitat naturali della fauna selvatica, incendi a cui segue la propagazione di sostanze tossiche e inquinanti, land grabbing, maltrattamento delle popolazioni native, in particolare in Malesia e Indonesia.
Nonostante la questione sia tanto grave, numerose aziende alimentari continuano ad utilizzare l'olio di palma in nome del risparmio e poiché si tratta di un ingrediente molto versatile. Ecco dunque chei supermercati risultano invasi da prodotti a prezzi stracciati, di bassa qualità e ben poco etici.
Presto i consumatori potranno trarre vantaggio dalle nuove informazioni presenti in etichetta, nella speranza che tutte le aziende si adeguino alle nuove regole e che il Governo approfitti del passo in avanti nell'etichettatura alimentare per limitare la circolazione dei prodotti a base di olio di palma nel nostro Paese, come hanno richiesto i deputati M5S Matteo Mantero e Chiara Gagnarli, presentando una risoluzione nelle commissioni Affari Sociali e Agricoltura, a seguito di una petizione per dire stop all'olio di palma che ha fatto il giro del web.
Secondo il M5S, dopo l'indicazione obbligatoria dell'olio di palma in etichetta, un ulteriore passo in avanti sarebbe l'esclusione di questo ingrediente dagli appalti delle mense pubbliche di istituti scolastici, ospedali e aziende pubbliche, oltre che dai distributori in essi collocati.
Se i consumatori italiani – e europei – smetteranno di acquistare prodotti che contengano olio di palma, o li ridurranno al minimo, le aziende inizieranno ad orientarsi verso nuovi ingredienti? Alcune realtà virtuose in Italia e in Europa hanno già iniziato ad adeguarsi, segno che un cambiamento profondo è possibile?

Cosa cambia in etichetta in 10 punti

Non solo indicazioni più precise per quanto riguarda la presenza di olio di palma e per chiarire la dicitura "oli vegetali". Il nuovo regolamento introduce altri cambiamenti per le etichette alimentari. Cosa cambia in etichetta? Ecco le nuove indicazioni obbligatorie che seguono l'applicazione dellenorme europee sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (Reg. UE 1169/2011).

1) Sostanze allergizzanti

Maggiore evidenza per le informazioni sulla presenza di sostanze allergizzanti o che procurano intolleranze (come derivati del grano e cereali contenenti glutine, sedano, crostacei, anidride solforosa, latticini contenenti lattosio) con maggiore evidenza rispetto alle altre informazioni, ad esempio sottolineandole o mettendole in grassetto nella lista degli ingredienti.

2) Oli e grassi utilizzati

Indicazione obbligatoria del tipo di oli e grassi utilizzati. Non è più possibile ingannare il consumatore celando, dietro la definizione generica di "oli vegetali" o "grassi vegetali", l'utilizzo di olio grassi tropicali a basso costo perché - sottolinea la Coldiretti - bisogna specificare quale tipo di olio o di grasso è stato utilizzato in etichetta. Inoltre, se gli oli o i grassi utilizzati sono stati idrogenati, sarà obbligatorio indicare «totalmente o parzialmente idrogenato», a seconda dei casi.

3) Data di congelamento

Indicazione della data di congelamento. In caso di carne e pesce congelato e preparazioni congelate di carne e pesce congelato non lavorato, occorre indicare la data di congelamento mentre nel caso di alimenti che sono stati congelati prima della vendita e sono venduti decongelati, la denominazione dell'alimento è accompagnata dalla designazione "decongelato".

4) Stati fisico degli ingredienti

Informazioni sullo stato fisico degli ingredienti utilizzati, ad esempio in modo da non poter utilizzare il termine "latte" se si tratta in realtà di latte in polvere o proteine del latte.

5) Etichette più leggibili

Le informazioni in etichetta devono essere scritte con caratteri più chiari e grandi, con una dimensione minima di almeno 1,2 mm (o 0,9 nel caso di confezioni piccole) per rendere piu' agevole la lettura da una parte di una popolazione in progressivo invecchiamento.

6) Data di scadenza

La data di scadenza deve essere riportata su ogni singola porzione preconfezionata e non più solo sulla confezione esterna.

7) Ristoranti e allergie

I ristoranti e le attività di somministrazione di alimenti e bevande – come precisa la Coldiretti - devono comunicare gli allergeni, tramite adeguati supporti (menù, cartello, lavagna o registro), ben visibili all'avventore.

8) Caffeina

Tutela garantita anche per i bambini e le donne in gravidanza e in allattamento con la previsione di avvertenze particolari per determinati alimenti contenenti caffeina, per esempio i cosiddetti "energy drink".

9) Ingredienti succedanei

Per tutelare il consumatore da indicazioni ingannevoli, quando si sostituisce un ingrediente normalmente utilizzato, in un particolare prodotto, con un altro ingrediente, come ad esempio i sostituti del formaggio, l'ingrediente succedaneo impiegato va specificato immediatamenteaccanto al nome del prodotto, utilizzando per la stessa caratteri adeguati (pari almeno al 75% a quelli utilizzati per il nome del prodotto).

10) Responsabile dell'alimento

Tra le informazioni obbligatorie, oltre al nome, deve esserci l'indirizzo del responsabile dell'alimento, ossia l'operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto. Tale indicazione – come precisa la Coldiretti - non va confusa con quelle dello stabilimento di produzione
11) Stablimento di produzione
L'indicazione dello stablimento di produzione, obbligatoria per la norma nazionale ma che oradiventa facoltativa, è apponibile con l'unica accortezza di non ingenerare confusione nel consumatore stesso rispetto all'indicazione obbligatoria del nome e dell'indirizzo del soggetto responsabile dell'etichettatura.
12) Luogo di allevamento e macellazione
Dal prossimo aprile 2015, dovranno essere indicati in etichetta luogo di allevamento e di macellazione di carni suine e ovi-caprine, come avviene da anni per le carni bovine dopo l'emergenza mucca pazza. 

Vene varicose? Ci pensa una colla


Dagli Stati Uniti, un trattamento rivoluzionario per risolvere inestetismi e problemi di salute delle gambe

Gambe belle e senza inestetismi? Sono il sogno di ogni donna, ma in alcuni casi bisogna fare i conti con problemi di circolazione e vene varicose: quando le pareti dei vasi che irrorano gli arti inferiori si indeboliscono e si sfiancano, perché le loro valvole non funzionano come dovrebbero, il sangue ristagna e il rischio varici è in agguato. Un problema al tempo stesso di natura estetica e di salute, che nel tempo può provocare edemi, ulcere e flebiti.
LE CAUSE – «Sovrappeso, fattori ormonali e condizioni particolari come la gravidanza, oltre alla predisposizione familiare, sono le cause principali», spiega il dottor Giuseppe Serpieri, flebologo e chirurgo vascolare
LE SOLUZONI TRADIZIONALI - Finora le opzioni terapeutiche erano rappresentate da misure conservative, come la compressione elastica, riservata alle situazioni meno importanti, e a metodi correttivi tra cui la scleroterapia, il laser e la chirurgia: procedure che costringevano a ripetute sedute (nel caso di laser e scleroterapia), oppure non praticabili senza anestesia (chirurgia tradizionale).

LA NOVITÁ
 –Ora, però, anche in Italia è disponibile una tecnica rivoluzionaria messa a punto negli Stati Uniti e già utilizzata in Inghilterra, Germania e Olanda. Si chiama Vena Seal e utilizza una particolare “colla biologica” che sigilla le vene indebolite e permette di risolvere il problema in modo indolore, rapido ed efficace: «L’intervento non richiede anestesia né compressione elastica postoperatoria e consiste nell’introduzione di questa innovativa sostanza all’interno della grande o della piccola safena. Utilizzando gli ultrasuoni, lo specialista inserisce un minuscolo catetere nella vena danneggiata attraverso un’unica incisione e somministra la “colla biocompatibile” che chiude la vena sfiancata. In questo modo il sangue comincia a circolare esclusivamente all’interno dei vasi sani», chiarisce l’esperto. I vantaggi sono molteplici: lividi e tumefazioni postoperatorie ridotte al minimo, ripresa molto veloce dei normali ritmi di vita, fastidi azzerati, rapida soluzione del disturbo.


Non fa passare solo il mal di testa. L'ibuprofene può allungare la vita



Il popolarissimo ibuprofene, oltre a essere efficace contro il mal di testa, potrebbe anche allungare la vita. Una serie di esperimenti condotti da un gruppo di ricercatori della Buck Institute for Age Research in California ha dimostrato che l'antidolorifico e' in grado di prolungare la vita dei lieviti, dei vermi e delle mosche di circa il 15 per cento. Tradotto in termini umani, come riporta la rivista Plos Genetics, l'ibuprofene potrebbe prolungare la vita in buona salute fino a 12 anni. Le dosi utilizzate nel corso dei test sono assimilabili a quelle assunte ogni giorno da milioni di persone per trattare il mal di testa, i dolori muscolari, le distorsioni, l'influenza, ecc.

Non e' chiaro esattamente come il farmaco sia capace di rallentare l'invecchiamento, ma sembra che ci sia un collegamento con la capacita' delle cellule di assumere il triptofano, un composto presente ad esempio nelle uova e nel cioccolato. "Il nostro studio - ha detto Michael Polymenis della Texas A&M University, che ha partecipato allo studio - sostiene l'idea che i farmaci di uso comune possono avere proprieta' inaspettate. Abbiamo solo bisogno di piu' ricerca per esaminare e comprendere queste proprieta'". Ma attenzione, precisano i ricercatori, a non incorrere nella cattiva abitudine delle auto-medicazioni. Sebbene l'ibuprofene sia un farmaco sicuro, puo' pero' causare problemi come ad esempio ulcere allo stomaco. Inoltre, dosi piu' elevate prese a lungo termine per condizioni come l'artrite possono aumentare il rischio di ictus e attacchi di cuore e anche ridurre la fertilita' di una donna.


Fonte

Muscoli attivi e ossa forti: il segreto è tutto nel magnesio



E' uno dei minerali di cui l'organismo umano ha bisogno in grandi quantità. I semi di girasole ne contengono molto

Insieme al calcio, al cloro, al potassio, al sodio e al fosforo fa parte del gruppo dei cosiddetti "macro-minerali", così chiamati perché presenti nell'organismo in grandi quantità (concentrazione minima di 50 mg per chilo di peso corporeo). Viene assunto mediante l'alimentazione soprattutto grazie all'introito di cibi vegetali (semi e frutta secca, ma anche verdure a foglia verde come spinaci e broccoli e pane e riso integrali), e il suo ruolo nell'organismo è importantissimo perché partecipa a meccanismi molto delicati tra cui l'eccitabilità neuromuscolare, la contrazione e la rilassatezza muscolare, la formazione delle ossa: è il magnesio, minerale essenziale la cui carenza - riscontrabile soprattutto nella popolazione anziana - può innescare lo sviluppo del diabete, della sindrome metabolica, delle malattie coronariche e dell'osteoporosi. 

Quanto ai benefici derivanti dal consumo di magnesio diversi studi hanno messo in evidenza che questo minerale è fondamentale per la formazione del tessuto osseo: consumi elevati di questo minerale hanno infatti messo in evidenza una maggiore densità ossea e un diminuito rischio di osteoporosi. Molte ricerche hanno inoltre messo n evidenza la relazione inversa tra il consumo di magnesio e il rischio di diabete (per ogni 100 mg al giorno di assunzione di magnesio in più il rischio di sviluppare il diabete 2 si riduce di circa il 15%; studi clinici hanno inoltre mostrato un miglioramento della sensibilità all'insulina con un'assunzione di magnesio compresa tra 300 e 365 mg al giorno). Un'assunzione di magnesio adeguata risulta inoltre associata a un minor rischio di aterosclerosi e ipertensione. 

Il nostro organismo tende ad assorbire il magnesio con sufficiente facilità: questo minerale ha infatti un livello di biodisponibilità medio (la biodisponibilità è la capacità di assorbimento dei minerali da parte del piccolo intestino e del mantenimento dei minerali stessi nell'organismo affinché possano essere utilizzati). L'efficienza dell'assorbimento dipende dalla quantità introdotta tramite l'alimentazione: molto importante è quindi prestare attenzione ai cibi "giusti".

Tra i cibi più ricchi di magnesio ci sono i semi di girasole (30 grammi - ovvero una manciata - ne contengono infatti 128 milligrammi), mandorle e anacardi  (una pugno ne contengono rispettivamente 105 e 74 milligrammi), i semi di sesamo (30 grammi ne contengono 101 milligrammi) e gli spinaci (una porzione ne contiene 74 milligrammi), oltre ad altre verdure a foglia verde (ad esempio i broccoli), pane e riso rigorosamente integrali (il magnesio si perde nel processo di raffinazione), gamberi, soia e latte di soia, fagioli, banane, latte vaccino e latticini.

Età e genere sessuale determinano la giusta quantità di magnesio da assumere giornalmente: per i bambini di 1-8 anni di età la quantità è compresa tra 80-130 milligrammi al giorno, mentre tra i 9 e i 13 anni i milligrammi di magnesio ideali da assumere sono 240. Superati i 14 anni i maschi iniziano ad avere bisogno di quantità maggiori di questo minerale rispetto alle femmine: 400-420 milligrammi al giorno contro i 320-360 milligrammi.


domenica 21 dicembre 2014

La dieta mediterranea




I benefici di questo regime alimentare sono dovuti anche alla loro combinazione. 

Con il termine “dieta mediterranea” non si intende soltanto un programma alimentare particolare, bensì un vero e proprio stile di vita, caratteristico di determinate aree  che si affacciano sul Mediterraneo, ma ormai esportato, con successo, in tutto il mondo.
Prevede l’associazione di un regime alimentare equilibrato con un’attività fisica moderata e costante. Per cui non è necessario fare grandi abbuffate di “cibi che fanno bene”, eliminare totalmente altri ed massacrarsi in estenuanti sedute in palestra per avere la sicurezza di vivere in salute.
La pratica della dieta mediterranea risale agli anni Cinquanta del Novecento e prevede:
  • largo consumo di verdure, legumi, frutta, cereali, pasta, pane e riso, il tutto accompagnato all’olio extra vergine d’oliva;
  • uso moderato di latticini, carne bianca e pesce;
  • basso apporto di carne, soprattutto rossa, salumi e dolci;
  • preferire erbe e spezie per condire e insaporire i cibi, riducendo l’uso del sale.
Secondo gli esperti, focalizzare l’attenzione e l’utilizzo di un singolo nutriente è assolutamente errato, poiché le persone mangiano un complesso di cibi e, cosa ancora più importante, le singole sostanze nutrienti interagiscono fra loro, in maniera sinergica. Quindi i benefici di questo regime alimentare sono dovuti anche alla loro combinazione.
 La dieta mediterranea suggerisce anche altri elementi fondamentali, come:
  • la stagionalità, ossia consumare i prodotti secondo la stagione di raccolta, preferire frutta e verdura fresca rispetto a quella conservata;
  • i prodotti locali: privilegiare l’uso di prodotti coltivati nel proprio paese o territorio, rispetto a quelli importati, poiché quest’ultimi richiedono lunghi periodi di conservazione, possono subire alterazioni durante il viaggio e inoltre molto poco sappiamo dei prodotti importati;
  • l’uso di acqua: bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno, visto che il nostro corpo è costituito per la maggior parte proprio da acqua;
  • la convivialità: l’aspetto sociale ed emotivo non deve essere sottovalutato nemmeno a tavola. Poter condividere i pasti con persone piacevoli fa bene alla salute.

Il suggerimento in termini di diete è comunque quello di affidarsi sempre agli esperti per avere consigli adeguati alla propria persona ed evitare le “diete-fai-da-te”, che sappiamo possono essere pericolose.


Fonte

Tante sono le caratteristiche positive del Farro



Un antico cereale tutto da riscoprire.
Appartiene alla famiglia delle graminacee ed è stato per secoli uno degli ingredienti base dell’alimentazione nell’Antica Roma. In quel periodo veniva usato in grande quantità durante le cerimonie; inoltre nel commercio era impiegato come ambita merce di scambio.
Nei secoli la coltivazione del Farro è andata progressivamente riducendosi, sostituito con altri cereali.
Mentre oggi è stato rivalutato e introdotto nuovamente nell’alimentazione quotidiana.
Fra tutti i cereali, il Farro è il meno calorico e povero di grassi, per questo motivo è ottimo nelle diete dimagranti. Contiene calcio, fosforo, potassio e magnesio, vitamine A, B2 e B3, proteine.
Il Farro può essere utile come protettore dell’apparato digerente; per chi soffre di stitichezza può trarre beneficio dalle proprietà lassative; depura l’organismo; abbassa i livelli di colesterolo LDL; è considerato utile per ridurre il rischio di diabete di tipo 2.
Mentre è assolutamente CONTROINDICATO per chi soffre di celiachia o di intolleranza a questo alimento, poiché contiene glutine. Inoltre viene sconsigliato nei soggetti con coliti croniche o con particolari problemi intestinali e/o digestivi.
In cucina può avere diversi tipi di utilizzi, ad esempio per preparare piatti caldi, ottimi durante l’inverno, zuppe e minestroni, può essere un ingrediente nell’impasto delle polpette. Invece come piatto freddo è possibile realizzare delle insalate (al posto del riso) oppure in accompagnamento di verdure grigliate oppure crude.
L’associazione Farro e verdure contribuisce a trattenere le fibre e i sali minerali.
Dalla lavorazione di questo cereale si può ricavare la farina, per la produzione della pasta e di un ottimo pane, il cui sapore si avvicina molto a quello del pane bianco, forse con un tocco di aroma in più. Inoltre, soprattutto in Germania, è possibile produrre la birra di farro.
Il Farro ha una buona reperibilità in tutto l’anno. Si tratta di una pianta che cresce bene in terreni poveri ed è molto resistente al freddo. Tre sono le principali varietà: 1) il farro piccolo, 2) il farro comune, 3) il farro grande.

Mentre in base alla lavorazione, in commercio si può trovare il Farro integrale, decorticato, semiperlato, perlato, spezzato e intero.


Fonte

Capitone: 5 motivi per non mangiare l'anguilla a Natale e Capodanno



L''Anguilla anguilla'conosciuta comunemente come anguilla europea, è un pesce teleosteo della famiglia Anguillidae. In alcune regioni italiane la femmina di grandi dimensioni (lunghe fino a un metro e mezzo) viene chiamata capitone, mentre il giovanile, sottile e trasparente (40–60 mm), prende il nome di ceca.

Mangiare anguilla, o capitone che dir si voglia, è una tradizione irrinunciabile in molte regioni di Italia, soprattutto nel Centrosud, dove questo pesce viene mantenuto vivo in casa fino al momento della cottura per la Viglia di Natale o il Cenone di Capodanno.
Ma è davvero giusto far finire l'anguilla nel menù? Anche se ha un aspetto che alcuni trovano inquietante e sangue di una temperatura diversa dalla nostra, questa creatura acquatica merita di certo la nostra compassione ed empatia. A Natale non siamo forse tutti più buoni? Proviamoci, cominciando dalla tavola e dal pranzo delle feste. Risparmiare vite animali, anguille comprese, potrebbe essere un'ottima azione.
Ed è possibile farlo senza rinunciare al piacere della buona tavola. Ecco, allora, 5 buoni motivi per non mangiare l'anguilla durante le Festività Natalizie.

1) Sono molto grasse

Per cominciare, l'anguilla ha molti grassi, ben il 25%, e di conseguenza molte calorie. Non è di certo il piatto ideale per chi dopo le vacanze non vuole fare i conti con i chili di troppo.

2) Sono a rischio di estinzione

L'anguilla è registrata come "In pericolo critico" dalla Lista Rossa IUCN, che è il gradino immediatamente precedente l'estinzione. Perché la pesca è troppo intensiva. Inoltre, a causa del peculiare ciclo riproduttivo, questa specie non è allevabile in cattività per ripopolamenti, se non catturando i giovanili al loro ritorno dalla migrazione.

3) Spesso vengono pescate in zone inquinate

Una delle zone in cui le anguille vengono pescate, ad esempio, è la foce del fiume Sarno, uno dei corsi d'acqua più inquinati d'Europa. Questo perché sono tra i pochi pesci che riescono a sopravvivere in queste aree contaminate.

4) Vengono allevate e mantenute in spazi ristretti

I bacini naturali si spopolano? Arriva in soccorso l'acquacoltura, dove tutti i pesci allevati vengono cresciuti in piccole vasche sovrappopolate, dove gli animali non possono esprimere il loro comportamento naturale ed istinto e passano la loro vita tra atroci sofferenze. Anche quando vengono vendute continuano a essere mantenute in piccole bacinelle per giorni e giorni.

5) Muoiono tra atroci sofferenze

Per uccidere l'anguilla, si legge su uno dei tanti blog di cucina preso a caso, è necessario"prenderla tenendola stretta con una mano per la coda e un'altra per il collo, quindi sbatterla con la testa sul marmo finché non sarà morta. In alternativa bisognerebbe buttarle ancora vive in una pentola colma di acqua bollente oppure decapitarle con un taglio secco nella testa".

Pappe per bambini: ritirati prodotti Holle contaminati da alcaloidi



L'azienda svizzera Holle ha ritirato alcuni prodotti alimentari destinati ai bambini a causa dicontaminazioni da alcaloidi. Il ritiro dei prodotti è stato reso noto dall'azienda stessa attraverso il proprio sito web.
Holle spiega che in un campione di Bio Papa di Miglio a proprio marchio e in un campione di Bio Pappa di Miglio con Riso sono state riscontratetracce di alcaloidi tropanici naturali, nel corso delle analisi effettuate da un laboratorio tedesco.
Per andare sul sicuro ed escludere qualsiasi rischio per i bambini molto piccoli a cui vengano somministrati i prodotti indicati appartenenti alla linea baby food di Holle, l'azienda ha deciso di avviare un ritiro volontario del commercio degli stessi.
Il ritiro volontario dal commercio avviene a fini preventivi e riguarda due partite dell'articolo Bio Pappa di Miglio. Il richiamo volontario riguarda le seguenti partite degli articoli Bio Pappa di Miglio e Bio Pappa di Miglio con Riso:
1) Bio Pappa di miglio Holle, partita L13219, da consumarsi preferibilmente entro il 30.04.2015.
2) Bio Pappa di miglio con riso Holle, partita L14103, da consumarsi preferibilmente entro il 30.11.2015.



Come sottolinea l'azienda, la merce in questione è stata bloccata in magazzino e non è stata più consegnata presso i rivenditori. Holle ha dato istruzione ai propri partner del commercio al dettaglio di ritirare subito la merce dagli scaffali.
I clienti che hanno acquistato pappe di miglio Holle e che le hanno a casa, possono riportare i prodotti al punto vendita dove avevano fatto la spesa. Qui, come sottolinea l'azienda stessa, riceveranno il relativo rimborso.
Dunque, se avete acquistato uno dei prodotti Holle appartenenti ai lotti indicati, potrete riconsegnarlo in negozio e verrete risarciti. Non consumate i prodotti acquistati per evitare rischi per la salute dei più piccoli.
L'azienda si scusa per i disagi arrecati e approfondisce l'argomento della contaminazione da alcaloidi tropanici. Sottolinea che al momento non esiste alcuno strumento di misurazione univoco messo a disposizione da un organo ufficiale per comprovare la presenza di tali sostanze.
Holle spiega che gli alcaloidi tropanici sono sostanze naturali provenienti dai semi delle erbacce presenti nelle coltivazioni di miglio. Le autorità europee hanno definito le tracce di questi semi come indesiderate negli alimenti, ma non esiste ancora uno strumento valido per i rilevamenti ufficiali di queste sostanze. Dunque per precauzione si procede al richiamo dei prodotti contaminati.
L'Istituto federale per la valutazione del rischio (BFR) fino a novembre 2013 non è mai entrato a conoscenza di casi di lattanti, bambini piccoli e persone di altre età in cui si fossero manifestatiproblemi di salute in seguito al consumo di prodotti che contenevano tracce di alcaloidi.
L'azienda Holle esegue insieme ai partner produttivi un monitoraggio su larga scala degli alcaloidi tropanici. Queste misure sono già state introdotte da alcuni mesi. Infine, dichiara di aver sviluppato ulteriori misure per l'eliminazione tecnica-fisica dei semi delle piante che producono gli alcaloidi tropanici.

Frutta e verdura: migliaia di morti in meno con 200 grammi in piu’ al giorno



Se ogni italiano mettesse nel piatto 200 grammi in più di ortofrutta al giorno la spesa sanitaria potrebbe essere ridotta di "almeno 1,5 miliardi di euro all'anno" e si salverebbero decine di migliaia di vite. E questo solo per le malattie cardiovascolari, la prima causa di morte in Italia.
A fare i calcoli è l'Istituto Agroter, che invita a fare il pieno di "frutta e verdura per vivere meglio e più a lungo". Eppure sulle nostre tavole di questi cibi naturali ce n'è sempre meno. Ogni italiano, infatti, mangia in media 303 grammi al giorno. Ma nel 2000, cioè quasi 15 anni fa, ne consumava 361.
Eppure solo il 9% del campione analizzato ritiene di aver contribuito al calo dei consumi che si è registrato nel 2013 ed è proseguito nel 2014, mentre il 21% parla addirittura di un aumento dei consumi.
"Perché non sostituire almeno parzialmente l'eccessiva quota quotidiana di prodotti raffinati ricchi di zuccheri aggiunti con l'ortofrutta? La stessa Organizzazione mondiale della sanità ha proposto il dimezzamento quotidiano del consumo di zucchero aggiunto". Questa è la proposta degli esperti di Agroter, comespiega l'AdnKronos.

Quanta frutta e verdura dovremmo quindi consumare?

L'ideale consumo di ortofrutta per una corretta alimentazione dovrebbe essere oltre i 500 grammi, come ha ricordato Roberto Della Casa, direttore di Agroter, docente di Marketing dei prodotti Agroalimentari all'Università di Bologna e uno dei massimi esperti nazionali sul mercato dei prodotti ortofrutticoli.
E intanto nel 2022 i consumi continueranno a scendere fino ad arrivare a 277 grammi,facendo l'amata dieta mediterranea dalle tavole degli italiani.

sabato 20 dicembre 2014

Trattamento naturale della bronchite


La bronchite è un’infiammazione acuta della trachea e dei bronchi in seguito ad un’infezione batterica. Normalmente non determina grosse complicazioni, ma è importante trattarla il prima possibile in modo che non degeneri in altre malattie polmonari più gravi.

Un’alimentazione adeguata

Quando si ha la bronchite bisogna assolutamente fare attenzione all’alimentazione, poiché ci sono alcuni alimenti che causano infiammazione e muco. Dovrete evitare soprattutto:
  • Zuccheri raffinati
  • Pane (potete sostituirlo con pane destrinato, un pane simile alle fette biscottate che ha una cottura completa che facilita la digestione, come se fosse già predigerito)
  • Latticini
Viceversa, la vostra alimentazione deve essere ricca di:
  • Frutta (pompelmo, limone, arancia, kiwi)
  • Verdure, purè e brodi (soprattutto di aglio, cipolla, porro, cavolo, sedano, carota)
  • Cereali interi (riso integrale, quinoa, miglio…)
Inoltre, è molto  indicato aggiungere alla vostra dieta i seguenti alimenti:
  • Pepe di Cayenna: aggiungete un pizzico di pepe di cayenna ai vostri pasti caldi per attivare la circolazione, aprire i bronchi e favorire la disintossicazione. 
  • Propoli e miele: gli alimenti prodotti dalle api hanno una forte funzione antibiotica e vi aiuteranno ad aumentare le difese immunitarie.
  • Estratti di semi di pompelmo: questo potentissimo antivirale viene usato sempre di più. Dovrete prendere a digiuno dalle 5 alle 7 gocce diluite in un bicchiere d’acqua.
  • Vitamina C:  la potete assumere in aggiunta ai vostri pasti o direttamente attraverso i cibi  (patate al vapore non pelate, aglio, agrumi…) 

Piante medicinali

Potete notare un notevole miglioramento se ogni giorno preparerete una brocca di infuso di piante medicinali da bere molto caldo e di continuo.  Potete scegliere le seguenti piante: piantaggine, uncaria, malva, sambuco, menta, camomilla, drosera.
Inoltre, potete ricorrere ai vapori. In una pentola fate bollire dell’acqua con alcune erbe (cajeput, eucalipto, timo, rosmarino, santoreggia) e spegnete il fuoco una volta cotte. Coprite la testa con una tovaglia e fate dei respiri profondi direttamente sopra il preparato. Potete accendere e spegnere il fuoco di tanto in tanto per creare il vapore. Potete farlo più volte al giorno in base alla quantità di muco.
Infine, potete utilizzare le medesime piante medicinali utilizzate per gli infusi e i vapori anche sotto forma di oli essenziali. Potete preparare una miscela con 30 cl di un olio base (di mandorla, di oliva, di sesamo…) e mettere 5 gocce di ogni essenza. Potete applicare questo olio direttamente sul petto e sul collo oppure potete metterlo in un diffusore di aromi nella stanza in cui vi trovate.

Rimedi con l’argilla

L’argilla è un antico rimedio. Quando c’erano pochi mezzi era facile ed efficace utilizzare il fango pulito per estrarre tossine e apportare minerali all’organismo. Per la bronchite, raccomandiamo due usi dell’argilla:
  • Realizzate un impiastro mescolando l’argilla con dell’acqua, fino ad ottenere un composto untuoso, ma duro. Aggiungete 4 o 5 gocce di olio essenziale di timo, eucalipto e origano. Una volta pronto, applicatelo, preferibilmente caldo, sul petto e sulla schiena alternativamente. Potete ripetere l’operazione ogni 6 ore.
  • In alcune erboristerie si trova una speciale argilla da mangiare. Si tratta di un’argilla purificata, priva di elementi che sarebbero tossici per l’organismo. Bevetela la mattina: mescolatela nell’acqua senza usare cucchiai di metallo (utilizzate un cucchiaio di legno, porecellana, etc.) e lasciatela riposare per 10 minuti.

L’equilibrio termico

Quando una persona soffre di bronchite, di solito presenta uno squilibrio termico nel corpo. Raccomandiamo, soprattutto se il collo è caldo e i piedi freddi, di effettuare una delle seguenti pratiche:
  • Strofinate le zone fredde con un materiale ruvido, come una spugna
  • Applicate crema o olio di zenzero (collegamento)
  • Fate dei plediluvi con acqua molto calda e alcuni cucchiai di bicarbonato di sodio per almeno 20-30 minuti due volte al giorno.

Aspetto emotivo

Il significato psicosomatico della bronchite di solito è collegato a fattori emotivi trascurati e che rendono tristi. Sarà importante tenerlo in considerazione, soprattutto se avete la predisposizione ad avere bronchiti frequenti. In questo caso, raccomandiamo di consultare un terapeuta o di ricorrere all’omeopatia, essenze floreali o altre tecniche per il supporto emotivo. Inoltre, non dovete dimenticare che per qualsiasi malattia cronica o che si ripresenta spesso è fondamentale evitare le brutte abitudini (tabacco, alcool, cattiva alimentazione, etc.).


Frutta adeguata per trattare il fegato grasso


Il fegato grasso è una malattia piuttosto comune. Vi si incorre quando c’è un accumulo eccessivo di grasso in questo organo, che va a compromettere le sue funzioni di base e a infiammare le sue cellule. Tuttavia, può essere trattato mediante una dieta adeguata. 

1. Il tamarindo: il frutto del fegato grasso

Siete a conoscenza delle meraviglie curative di questo frutto tropicale? Molti studi sono stati condotti al riguardo, dimostrando innanzitutto il suo valore nutrizionale. Il tamarindo è un favoloso alimento depurativo che migliora ladigestione, che permette di perdere peso e che grazie al suo contenuto di fibre ed acidi insaturi aiuta a trattare l’arteriosclerosi. Inoltre, aiuta a curare il fegato grasso. Come lo fa? Il tamarindo possiede proprietà protettrici e decongestionanti per il fegato. È ideale per trattare i problemi biliari poiché permette di svuotare e curare la cistifellea. Depura e regola il colesterolo riducendo il grasso del fegato grasso. Non esitate, dunque, nell’assaggiare questo meraviglioso frutto, in particolare bevendone un’infuso: 30 gr di foglie secche per litro d’acqua, fino a tre tazze al giorno.

2. Il limone: il grande depurativo


Bere ogni giorno un bicchiere di acqua minerale e succo di limone è un rimedio perfetto per trattare il fegato grasso. Si tratta di un potente agente disintossicante, ricco di vitamina C e di alti livelli di acido citrico. Il grande segreto del succo di limone è che permette di decomporre il cibo nello stomaco, facendo sì che la digestione sia più facile e adeguata. Tutto ciò è dovuto a questi acidi che stimolano l’attività dello stomaco e che proteggono il fegato.

3. I benefici delle rinfrescanti pere



Siete degli appassionati di pere? Allora siete fortunati. Si tratta di un frutto dai molti nutrienti, è dolce, rinfrescante e utile per molte malattie.
Ciò è dovuto al suo alto contenuto di acqua e alle energie che apporta, essendo un frutto ideale per seguire una dieta e perdere peso. Inoltre, possiede un alto contenuto di levulosio che la rende un frutto adatto anche alle persone diabetiche.
In aggiunta, contiene anche fibre solubili e insolubili, favorendo l’eliminazione del colesterolo e regolando le funzioni intestinali, oltre a combattere la stitichezza in particolare grazie al contenuto di pectina. Una curiosità che vogliamo svelarvi è che mangiare due pere al giorno copre il 20% del fabbisogno quotidiano di vitamina C consigliato, circa il 10% di quello di acido folico, e rappresenta un buon apporto di vitamine del gruppo B (B1, B2 e, in minor proporzione, B3 e B6) e vitamina E.
Tutto questo la rende un eccellente protettore del fegato poiché il suo elevato contenuto di acidi organici fa sì che si prenda cura ad esempio del mal di stomaco, aumentando la secrezione degli acidi gastrici e depurando in modo perfetto pancreas e fegato. Non dimenticate di consumare una pera al giorno, sia al naturale che in succo, e vedrete i benefici che apporterà alla salute.

4. I benefici del succo di melone con semi di papaya


Forse conoscete questo semplice rimedio. È ideale per depurare il fegato poiché, come saprete, l’obiettivo è innanzitutto ridurre l’incidenza dei grassi, permettendo che questo laboratorio del corpo umano in cui viene prodotta la bile continui a svolgere le sue funzioni di base, come permettere l’assorbimento intestinale dei grassi e delle vitamine, oltre a eliminare le sostanze tossiche e l’eccesso di colesterolo.
Bere questo succo tutte le sere, per esempio, può aiutare a trattare il fegato grasso. Prendete appunti.

Ingredienti

  • 2 fette di melone
  • 1 bicchiere d’acqua fresca
  • 2 semi di papaya

Preparazione

Mettete tutti gli ingredienti nel frullatore e frullate in modo ottimale, per poi berlo a poco a poco masticando accuratamente i semi di papaya. Vedrete quanto vi farà bene.

5. Le eccellenti proprietà delle fragole



Oltre ad essere deliziose, le fragole spiccano come rimedio eccellente per depurare il fegato e per disintossicare il corpo. Contengono fibre e vitamina C, sostanza antiossidante che, inoltre, protegge il corpo rafforzando il sistema immunitario. In più, i loro acidi organici sono ideali per proteggere il fegato grazie ai loro effetti disinfettanti e antinfiammatori. Le fragole sono anche molto ricche d’acqua, evitano la ritenzione idrica, riducono l’ipertensione e l’acido urico.
Sottolineiamo che tra i loro sali minerali le fragole annoverano e offrono soprattutto potassio, magnesio, ferro, fosforo, iodio e calcio. Quando è stagione, dunque, è perfetto mangiare sette o otto fragole al giorno. In alternativa potete preparare dei gustosi succhi a base di fragole o addirittura un tè. Se aggiungete anche del succo di limone ottenete un potente disintossicante.